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A FAUGLIA UNA FRAZIONE CHE SI CHIAMA LUCIANA di Andrea

18/06/2014

a cura di Andrea Bartalesi

LUCIANA

 

Con Claudio e Renzo, domenica ci siamo lasciati affascinare dalla corsa di Luciana. Subito sotto Fauglia. Arrivati ovviamente tardi ma partiamo alle 8,00 subtio in discesa, respiriamo, ci guardiamo intorno. Bello.

Ma ecco l’incerto e l’inopportuno. Al passaggio a livello giriamo a destra seguendo bellissimi cartellini stampati, minuscoli, verdi. Effettivamente c’era scritto 5. Io ho cominciato a pensare...ma non ci saremo mica sbagliati… ma non ci sono state deviazioni… dopo il controllo elettronico..ragazzi ma non ci saremo sbagliati ?….fino a che il percorso gira sulla destra in salita e altri venivano correndo verso di noi. Erano quelli della 8. Quindi ci siamo resi conto, finalmente, di esserci sbagliati ed io e Claudio siamo tornati indietro fino a ritrovare il passaggio a livello dove i tre segnalibri che indicavano i percorsi erano incollati a un palo.

Non li avevamo visti. Può succedere. Prendiamo la strada asfaltata che porta a Laura (già il fatto che qui i paesi portino il nome di donne ci doveva far pensare) e dopo il bivio della 8, troviamo finalmente quello di 17. Da quel momento inizia per noi un viaggio nel mondo fiabesco. Un bosco buio dove il sentiero aveva una volta fitta, cominciavamo a salire, con paura di pestare piccoli gnomi e d elfi, ma qui di elfi non ho mai sentito parlare, magari di lumetti) poi il buio diventava meno buio, il sentiero è di terra morbida, incontriamo due anime, ci sembrava di essere nella Divina Commedia, per giunta la donna (erano un uomo e una donna le due anime) parlava fiorentino. Avevano sbagliato percorso, non si erano accorti della deviazione della 8, e al ristoro, quello che loro avevano già trovato, gli avevano detto dell’errore e, fatti due conti, erano tornati indietro. Ripartiamo ancora sapendo di avere un ristoro vicino, il percorso, giunto sulla sommità, scendeva e troviamo una strada asfaltata, freccia, giriamo a destra. Una jeep si ferma, si apre un finestrino, un uomo gentile ci chiede cosa stessimo facendo. Corriamo. Fate la 17? Almeno, si spera. Gentilissimo scende, apre il portellone dietro e ci chiede se vogliamo bere, grazie, va bene il thè. Dice che era passato qualcuno che gli aveva detto che non c’era più nessuno e lui aveva chiuso bottega. Grazie. Profumo di ginestre. Ripartiamo e si sale fino a che, quasi all’improvviso si apre davanti a noi un ventaglio spagnolo, dove è stato dipinto un paesaggio che somiglia molto a quello che io incontro dopo Collesalvetti, quando vado all’Elba. Le colline si rincorrono, si intersecano, sembrano giocare fra loro saltando sopra quella che la precede. Campi gialli d’oro, anche se il cielo grigio non fa il suo dovere, si alternano a verdi strisce di terra. Sulle cime, come sul collo dei cavalli, la criniera è formata da cipressi scuri e in fila indiana. Troviamo un ominide (doveva essere sceso dall’unica macchina che avevamo incontrato) proviamo se parla italiano, è intelligente, si rende conto che partecipiamo a una marcia e ci domanda “ma siete i primi o gli ultimi?”. Eh no, questo non lo doveva dire..allora siamo gli unici che siano passati da qui? Ma meno male che le fettucce biancorosse ci sono, “gli ultimiiiiiiii” e via sui falsopiani. Il grano oro a volte ha i baffi bruni, ma ha il chiarore del pane appena sfornato, il verde…erba medica. A me, dovete sapere, l’erba medica fa un certo effetto… primo perché è un’erba che si concima da sola, le sue radici trasformano gli elementi e si preparano da mangiare, lasciamo stare se invece di braciole di maiale lo fanno con l’azoto, poi è bella da vedersi, rigogliosa, perché non vuole troppe attenzioni, l’acqua se c’è bene, se non c’è pazienza. Ci fanno il miglior fieno che madre natura ci permette di fare. Ma io sono un ammiratore di Steinbeck e lui nel suo libretto Uomini e topi parla dell’erba alfa-alfa (proprio l’erba che noi chiamiamo medica) e Lennie il suo gigante dalla forza sovrumana e l’intelligenza da bambino, la raccoglie continuamente per i suoi conigli …ma non vi dico altro …se vi piace leggere, leggetelo.

Eccoci a un casolare, il cancello, non c’è il cane, ma un pony che ci guarda fra gli oleandri, lo sapevo che qui siamo in un altro mondo. Il pony non abbaia ma scuote la testa, Forse ha i capelli troppo lunghi. Come me. Ecco un sentierino brutto, scivoloso, con i pruni, ci serve per scendere giù nella valle, evitiamo un laghetto alto, scendiamo nei campi fra crepe dove potrebbe sparire un piede e dietro lo stinco il ginocchio e poi… voltiamo a sinistra e si sale a ritrovar non le stelle, ma i cipressi. Gli stessi che vedevamo da lassù, ci confrontiamo con loro, ecco un rudere enorme, vuoto come sono vuoti i buchi delle finestre, maestoso, spettacolare, se fossi stato Bertolucci ci avrei girato Novecento con Burt Lancaster…ma non voglio raccontarvi oltre, di come scendendo dalla collina abbiamo trovato dove erano passati quelli della otto, ma subito deviazione a sinistra e via di corsa a cercare un ristoro che non c’era più. Poi salitona che ci portava in un’altra valle, forse la Valle dell’Eden, altri cipressi, cugini di quelli già visti, altro grano prezioso (se ci fosse stato il sole ci sarebbero voluti gli occhiali e forse una pezzuola annodata sugli angoli a mo’ di Dorando Pietri) altri casolari e ancora una lunga salita, mentre sulla destra ci appare Luciana, splendente sulla sua collina. Il tempo di salutare due signori, forse marito e moglie, che ci hanno atteso, dietro un tavolinetto con qualcosa da bere, ma non sapevano nemmeno che dietro a noi non ci sarebbe stato nessuno. Se io dovessi dipingere l' Altruismo pacioso e la Pazienza sorridente chiederei a questi signori di farmi da modelli. Arrivati in paese sentiamo che tutto sommato portiamo bene i nostri 21 km effettivi (i 4 nostri che portavamo in pegno più i 17 effettivi). Sul volantino avevo letto che ci avrebbero offerto un rinfresco all’arrivo. Gente cordiale, delicata,quella di Luciana, persone poco avvezze ai luculliani ristori dove gente rubizza ingurgita bruschette, pastasciutta, salsicce, vino ecc. loro offrono un rinfresco. Bellissimo. Ed è vero. Fra l’altro un vassoio con fettine di formaggio pecorino con pistacchi verdi croccanti..una delizia. Produzione locale, la famiglia Bustii. Poi il premio di partecipazione..un sacchetto di carta appena spiegato, una scatola di Royal Tea, altro produttore locale, il mitico Royal Tea, since 1939, quello che due anni fa cercavo a Fauglia e nessuno conosceva!!! Mi dicono che nel Circolo c'è il titolare se voglio parlarci. Ecco queste sono cose che io ho sempre auspicato. Prodotti del territorio, se esistono. Ci dobbiamo meravigliare e urlare quando andiamo in Garfagnana e ci danno una bottiglia di vino della piana, mentre nei loro sentieri si perdono quintali di castagne ….

Sono tornato a casa, contento. E ci ritornerò a Luciana perché questa era la seconda edizione e posso dire che gli errori che hanno commesso non sono altro che la freschezza dell’innocenza, ma hanno dimostrato volontà, generosità e intelligenza. E i percorsi, pur condividendo che a metà giugno ci moriremo di caldo, solo in questo periodo ti danno quel tocco di pittura d’autore e forse dentro di me, l’unico rimpianto è di non aver incontrato Van Gogh e la sua cassettina di colori di ritorno dopo aver dipinto Corvi su un campo di grano.

Andrea Bartalesi