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A PROPOSITO DI ALTOPASCIO E DELL'IMMIGRAZIONE

10/07/2008

a cura di Andrea Bartalesi

Una risposta molto interessante, un punto di vista autorevole e interessato

In risposta alla cronaca della corsa di Altopascio, nella quale molto sommariamente (direi "a pelle") notavo una particolarità altopascese nel tempo, ho avuto la fortuna ed il piacere di ricevere una risposta, un punto di vista autorevole e interessato, quanto mai obbiettivo e che condivido pienamente di un giovane altopascese che prima della fine del mese incrocerà la sua vita con Porcari, dove porterà all'altare, il 27 luglio prossimo, la nostra indimenticata Patrizia Cavallo.
Riporto quindi pari pari la sua risposta non senza fare gli auguri per il prossimo evento da parte di tutti i soci dell'Atletica Porcari
:

Caro Andrea,
ho letto con attenzione la tua riflessione storico-podistica su Altopascio, pubblicata sul sito dell'Atletica Porcari. Una riflessione che condivido pienamente, in quanto ho sempre sostenuto che lo sport debba rappresentare un momento di integrazione, capace di annientare qualsiasi tipo di diversità, lasciando spazio alla sana rivalità agonistica. Altopascio però, terra di viandanti e di frati cavalieri, crocevia di popoli e di merci deve ancora imparare a convivere con il nuovo mondo, con le nuove  vulture, le nuove religioni. Altopascio, ma tutta Italia ahimè, non ha ancora imparato a considerare quegli uomini venuti da lontano, come delle risorse importanti, delle finestre sul mondo. Vengono additati come pericolosi, come terroristi. Come delle minacce. Le considerazioni politiche si sprecherebbero e la discussione sarebbe tanto bella quanto tortuosa. Però cinquant'anni fà, quando dal profondo sud i padri di famiglia emigravano dalle nostre parti per cercare un lavoro che permettesse loro di mantenere la prole numerosa, la situazione non era poi tanto diversa da quella attuale. Lo stesso però avveniva con i toscani, che in Belgio andavano a cercar fortuna nelle miniere. La storia è ciclica. Tutto passa, ma della storia bisogna far tesoro. L'integrazione richiede tempo, impegno e volontà reciproca. La mia speranza è quella che in un futuro molto prossimo, quando le nuove leve dell'est saranno cresciute a contatto con il nostro territorio e con il nostro humus culturale, la nostra terra diventi finalmente terra di tutti e che un giorno ci possa essere una bella corsa podistica di tutti i colori.
Certo, Altopascio non è Porcari. C'è poca coesione tra i concittadini indigeni, figuriamoci con questi nuovi paesani. Al momento i contatti appaiono alquanto belligeranti. Incendiari direi...senza voler tirar in ballo la cronaca. Però nell'età di Mezzo i viandanti al suono della Smarrita trovavano conforto nell'Hospitale dell'Altopascio, dove un pasto caldo era assicurato. Il tempo di rifocillarsi, di medicarsi..e poi il viaggio riprendeva. Chi rimaneva, prestava la propria opera. Non approfittando dell'ospitalità e della benevolenza dei Cavalieri del Tau. Con la massima correttezza. Altrimenti non si era più viandanti, ma briganti....ma questa è un'altra storia.
Pierluigi Rumbo
Grazie Pierluigi ed aspettiamo tuoi commenti, sapendo dei tuoi allenamenti da triatleta. Dopo, ovviamente.