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A SAN ROCCO ANCORA UNA VOLTA SUL MATANNA

01/09/2008

a cura di Andrea Bartalesi

 

A SAN ROCCO ANCORA UNA VOLTA SUL MATANNA

Miglior occasione di questa per andare sul Matanna? La corsa di San Rocco in Turrite ti porta già in quota, agli 870 metri del breve falsopiano

 

 prima di scendere al laghetto e da qui al Rifugio Alto Matanna. La strada per arrivare lassù, al falsopiano, è impervia, ripida fra castagni e alberi, vecchie case e piccoli praticelli, prima, dolce e comunque scoperta dopo, quando una presenza sembra osservarti alle spalle, ti volti e vedi il Piglione, nero nel controluce, che ti sovrasta.

 

 

Appena in cima alla cresta, ti meravigli e ti fermi a guardare il mare, ma la nebbia, annunciatrice del caldo che verrà, impedisce di vedere il cupo azzurro. Allora ti volti a sud e guardi la maestosità del Prana.

 


Il gruppo delle Panie stamani era nitido e con gli occhi buoni potevi contare gli anfratti e gli spigoli. Mi ha meravigliato il naso dell'Omo Morto: non lo ricordavo così adunco, quasi un becco d'aquila. Forse il paleo, che nelle altre stagioni lo ricopre, ne addolcisce i tratti?

 


Il Matanna, rossiccio e sassoso, con le sua doppia gobba, è illuminato dal sole e così si perde il senso della profondità. La palina ci avverte che se vogliamo andare, ora è il momento.

 

Ci riuniamo in un bel gruppo di persone che amano la montagna o ne sono solo curiose. Alcuni ci aspettavano ricordando lo scorso anno. Qualcuno, invece, ci ha evitato per non doverci dire di no.

 


Arrivare sulla vetta presenta due o tre pendenze ripide, fra i sassi, ma senza alcun pericolo, solo sudore che dalla fronte scende in rivoli decisi lungo il nostro volto e ci bagna la maglia,

  

Umberto ci sorveglia con foto e ci rivela che nello zainetto porta due panini, uno al lardo ed uno al biroldo. Chissà dove l'ha presi, lui che stamani è arrivato stralunato (come chi fa tardi la sera e risente dell'influsso della luna) e con la macchina della moglie così che molte cose gli sono rimaste a casa.

 


Alfonso, neofita, pensa già quando ritornarci. La vetta si guadagna in due gobbe tonde e ci lasciamo alle spalle i prati di paleo con le carline lucenti, le basse eriche montane, le tracce dei cavalli che ci osservano, nascosti sotto l'ultimo grande larice, scacciando le mosche con l' inarrestabile coda. Sotto di noi abbiamo lasciato il piccolo laghetto circolare e il tetto rosso che si intravede fra gli alberi del Rifugio Alto Matanna.

 

 

 

 

 
La vetta (mt 1322) con la sua croce in acciaio inox, Stazzema che sparpaglia le sue case su un costone sotto di noi, la sua chiesa all'estremità opposta, colori di case e di tetti nel verde dei boschi. Quell paese come si chiamerà? E quel piccolo gruppo di case? Ma il Forato? Dov'è il Forato? Cerchiamo nella catena indizi per capire dove si trova. Il Procinto con i suoi Bimbi è nell'ombra non ancora raggiunto dal sole, nello scuro verde della sua cengia, quasi appoggiato al Nona. La Pania mostra i suoi prati brulli e le spaccature del triste sentiero che porta a Mosceta. Il Corchia, il Sumbra, l'Altissimo e laggiù, a punta, il Sagro.

 


Cerchiamo una bella foto di gruppo e Umberto si dimentica la sua specialità: l'autoscatto.
Prima del digitale era quasi una scommessa, macchina fotografica appoggiata ad un masso (e tutti erano in discesa!!) il collo storto per vedere se ci si vedeva, l'autoscatto e .. speriamo in bene. Dopo, molto dopo, la sorpresa di vederci senza testa o senza gambe, ma quando ne veniva una bene era una festa.

 

Stamani Umberto lo ha dimenticato! Anche io l'ho dimenticato. In compenso Bruno non si è dimenticato il panino al lardo (mi ha fatto uno sfogo neanche una bistecca! ci dice).

 

 Resta nello zainetto sulle spalle di Umberto, quello al biroldo.
Scendiamo controvoglia prendendo il sentiero del CAI che ci porterà al Rifugio, stando attenti a non scivolare e decidendo di andare anche sul Callare, tanto che siamo quassù.
La discesa, ripida, ci porta velocemente prima nei faggi e poi al Callare. La meraviglia di non vedere più la grande croce in legno quasi appoggiata al Nona,

 

 

Il Procinto è ora davanti a noi e si distingue anche il tetto del rifugio (Forte dei Marmi?) sotto di lui. Un traliccio, proprio sul Callare, porta le esigenze della modernità oltre il limite del decoro.
Scendiamo ancora al Rifugio Alto Matanna, ci gustiamo il cocomero e un thè molto fresco.
Non ci resta, ora che siamo rientrati sul percorso, incamminarci verso l'arrivo cercando di riprendere una parvenza di corsa sciolta e svelta, per me un po' difficile dopo i sentieri del monte.
All'arrivo qualcuno ci domanda chi ce lo fa fare. Altri ce lo vorrebbero chiedere. Non rispondo perché quei "qualcuno" si sono alzati alle 5 e mezza stamani per venire a San Rocco in Turrite e fare la corsa che dicono essere 18 km. Forse gli avrei potuto rispondere: "Perchè ti sei perso quel qualcosa in più?"
Certo ci sarà un giorno che non ci potrò andare e ci rinuncerò, ma quel giorno, per vari motivi, sarà un giorno triste.

Le  foto sono del nostro Troilo Umberto