ALBINATICO
Era ancora buio quando siamo giunti al Ciclodromo di questo paese bianco (albi) sperso fra Ponte Buggianese e Monsummano. Un anello di asfalto fra i campi per gli allenamenti ciclistici intitolato ad Alfredo Martini.
Parto presto per fare il percorso dei 18 km con calma e percorro il tratto del circuito con curve per poi prendere verso il Padule di Fucecchio.
Questo percorso si può dividere in due, di netto, si passa dalle ombre e luci dell'acqua del padule fino ad aver percorso i primi 8 km. in un'oasi naturale e poi, tornando indietro, si entra piano piano in un labirinto di case e stradette tutte uguali che ti confondono, dove metti via la macchina fotografica, ti immagini un filo di Arianna che ti porterà fuori da questo dedalo di viuzze. Io, per inciso, lo immagino di lana, grosso, di colore rosa pesca. Chissà perchè,
Questo labirinto non ha niente da invidiare a quello famoso di Cnosso, a Creta. Ma lì Minosse lo aveva fatto costruire per rinchiudervi il Minotauro, figlio bruttissimo, qui si entra nel territorio delle cose bisbigliate, di fatti scandalosi dove gli Dei entravano sempre. Infatti Minosse visto il figlio (pare avesse la testa di toro e il corpo di uomo) accusò la moglie Parsifae, avvenente come una dea, di averlo concepito con il famoso Toro di Creta, famoso per le sue monte. Come? Un palestrato, uno di quelli raffigurati nelle statue, tutti muscoli? No, no, proprio un toro con tanto di zoccoli e le corna. C'era di mezzo, si sussurra, Zeus che per una ripicca mise in azione Poseidone, insomma mafia e andrangheta del monte Olimpo. Tornando a noi Minosse chiamò Dedalo e il figlio Icaro per farselo costruire, era un insieme di strade, campi, stanze, (come quello di ieri) tanto che i due costruttori finita l'opera, non trovavano più il modo di uscire. Ma Dedalo era uomo di ingegno, costruì con la cera due ali e le fissò alle braccia di Icaro e riuscirono a volar fuori. Ma Icaro, con questo para-motore credeva di poter rivaleggiare con le aquile e giungere fino al sole. Errore atroce, avvicinandosi e nemmeno tanto al sole la cera si sciolse e tutti sapete come andò a finire.
Ma torniamo alla prima parte della marcia, quella dell'oasi naturale, strade sterrate su argini, con acqua che ci circondava, non sapevi più dove fosse canale e dove campi. Il cielo nuvoloso sotto l'impulso di un sole che sgomitava, si apriva ma mostrava altre nuvole, le pioppete, si specchiavano, le nuvole si davano per vinte e apparivano rossori che illanguidivano la palude, barchini in controluce, bellissimo. Spari di cacciatori, insoliti, a mitraglia, quasi avevamo paura di essere testimoni di una strage partigiana. Mortaretti detonavano, rumori come fuoco di artiificio, con pioggia di pallini nell'acqua, cacciatori oltre una siepe, nell'acqua a mezzagamba con i cani, curiosi che guardavano in faccia i padroni...
I rumori degli uccelli e delle piccole anatre si intrecciavano con i richiami e non sapevi più dove fosse finzione e dove realtà, ti sentivi come un beccaccino che guardava un'alzavola, come davanti a uno specchio e non sapere se era lei che rumoreggiava, il suo becco, o uno strumento in mano a un cacciatore...
A questo punto sono giunti Massimo, Stefano e Fabrizio. Un selfie gioioso si imponeva, un barchino pronto a partire, Stefano mi raccontava (sono ingrassato dieci chili) che quando deve andare a correre dove non è mai stato o non ricorda, va a leggere le mie recenzioni negli anni precedenti in questo sito...infatti mi dice di essere andato a cercare Albinatico ma non l'ha trovato. Certo Stefano, questa è la prima marcia, le altre erano il sabato pomeriggio.
Ecco le foto che descrivono meglio di me i luoghi. Dopo l'oasi, ho messo la macchina fotografica in tasca.
A proposito all'arrivo a quelli che hanno fatto il percorso lungo un cappellino bianco. Non tanto per il valore, ma è bello questo invito a tornare sui percorsi lunghi, perchè il podista, invecchiando, si ritira come una chiocciola dentro il guscio, sempre più corta, sempre prima, magari dieci minuti di più a mngiare al ristoro finale.
Bravi agli organizzatori, alle bandierine, a tutti. Magari state un pochino più attenti al ristoro finale, ma solo per voler trovare il pelo nell'uovo
selfie modello Rossi, ma non ce la farò mai come Moreno, vero Massimo?
Andrea Bartalesi