Domenica, mentre molti erano a Marlia a rivisitare e rivisitare le famose Ville, io, Claudio e i veri inossidabili del gruppo Atletica Porcari, tenendo fede agli presi, eravamo a Calci.
Il cielo era sereno e ci veniva voglia di pregare il Signore per la grazia ricevuta dopo una notte di pioggia.
Partenza secondo i dettami covidiani, e subito ci troviamo in salita per Montemagno, ma per la prima volta (che io ricordi) giriamo per quel vecchio borgo che si conosceva come ANGHIO e ora San Giuseppe, in nome del Santo celebrato in quella chiesa. Un borgo sotto la Verruca, stradette e sentierini angusti, case che si tengono strette per ripararsi dal freddo, passaggi d'acqua vicino a ruote dismesse che portavano movimento a mulini o frantoi. Insomma un luogo che, stando attenti a dove mettere i piedi, era molto interessante.
Torniamo a Montemagno, guardiamo in alto e la Verruca sembra un'iguana, con la spina pietrosa. In cima al paese ce ne andiamo a zonzo, ma sempre con il respiro in sospensione, sbalzi di quota, strade bianche buone, contornate e tracciate da belle piante di ginestrone (bello il colore e le spine se ti avventuri a toccarlo. Insomma nel giallo guardando un cielo azzurro, ma certe nuvolette filacciose non erano per niente carine.
Arrivati a quota quasi 400 svoltiamo e ci mandano a vedere le strade, sempre con ginestrone, verso il Serra e scendiamo a un luogo che sembra irreale: pietre enormi che sgorgano dal terreno, alcune sovrapposte, quasi che qualche gigante si sia divertito a lanciarle. Ma il bello è che accanto ci sono delle case appoggiate, magari con parte di tetto sotto queste pietre rotolate. Sotto, radici aggrappate a terra, alberi che stanno a denti stretti per paura di arrivare a Calci nottetempo. Insomma luoghi che si esaltano a stare in pericolo e scalini che visto la pioggia della notte erano lucidi e traditori. Ma il sentiero ci è piaciuto. Torniamo a Montemagno e veniamo giù, dopo un sorso di tè, verso Nicosia, e sulla salitina le mie gambe pagano gabella. Scendiamo poi veloci perchè le nuvolette straccivendole si sono trasformate in nubi. Nel giribao che ci porta al traguardo, si addensano e passando dove avevamo la macchina (grazie Coop) ci cambiamo senza bagnarci. Poi, bagnandoci ma con ombrello, andiamo a prendere il premio.
Lo prendiamo ma siamo fieri di quello che abbiamo fatto e ringraziamo gli organizzatori. Solo una considerazione: il paesaggio bellissimo,aveva le tracce del famoso incendio. Scheletri neri di alberi bruciati sembravano sentinelle armate contro gli incendiari. Purtroppo era una immagine forte ma irreale.
Andrea Bartalesi
la Verrua e il ginestrone
Andrea Bartalesi