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GRAN PREMIO MONTE SERRA di Claudio Landucci

02/03/2009

a cura di Claudio Landucci

Oggi, dopo essere stato per alcuni mesi lontano dalle gare competitive (ribadisco gare competitive, non che io lo sia), prendo parte alla 3^ edizione del Gran premio del monte Serra.
La gara, che è in ricordo dei 44 sventurati ragazzi periti nel lontano 1977, è uno di quegli appuntamenti cui non voglio rinunciare, vuoi per onorare questa ricorrenza, vuoi per accomunare a quel nefasto evento la perdita di mio fratello Alessandro che di questo mondo non si è goduto niente avendolo abbandonato all' età di 17 anni, nel peggiore dei modi. Scusate per questo ricordo personale che non interesserà ai più.
La giornata comincia di buon ora alle 4:20 per recarmi al lavoro, uscita anticipata di 1 ora per andare a casa, un piatto di riso e via per prendere Dario a scuola che esce alle 13:30, poi corsa nella corsa per arrivare  a lasciare la macchina in zona arrivo e prendere la navetta che mi porterà in quel di Calci, zona di partenza della corsa.
Nonostante abbia fatto il possibile per giungere per le 14:00, ovviamente sempre attento a rispettare il codice della strada, il primo bus se ne è andato, poco male non rimane che attendere la prossima partenza.

 

 

 

 


Nel frattempo il periodo di attesa che manca alla nuova partenza lo uso per scambiare due chiacchiere in libertà, notando che ricevo molti commenti sulla mia presenza ( e di mia figlia Erika) alla trasmissione di Toscana Tv di giovedì scorso, è proprio vero che la scatola magica riesce a dare notorietà(?) anche ad una nullità, mi scuso nuovamente per questa ennesima divagazione.
Nell' attesa di poterci portare alla certosa ci viene comunicato che la partenza è ritardata di mezz' ora, per cui posso anche tentare un minimo di riscaldamento, di lì a poco partiremo ed il tempo che impieghiamo  sul bus, che ci separa dalla competizione, lo passo parlando per tutto il tragitto col l' urbanista scalzo Vignozzi. Tra un auto e l' altra che ci vengono incontro facendoci perdere ulteriore tempo arriviamo 5 minuti prima  del via, giusto in tempo per ritirare i pettorali.
Stavolta la Caterina non mi segue in questa avventura, dovendo correre domani ( domenica ) la mezza di Fucecchio, anch'essa in solitaria, essendo io di turno al lavoro, quindi insieme a Dario e Samantha rimarranno in altura ad attendere il mio arrivo, la comanda è, se non sarò giunto in 1 ora, quella di venirmi incontro.

 


Ed alfine giunge l' ora della partenza, km 9,260 in costante ascesa, così titola il comunicato ufficiale della gara. Non so descrivere le sensazioni che mi accompagnano durante questo tragitto, io che a 14 anni avevo già fatto richiesta per entrare sia in marina che nei paracadutisti, mi vedo volente o nolente costretto a pensare a quei ragazzi periti per uno scherzo del destino e che hanno lasciato di sè un ricordo indelebile nelle persone a loro vicine, ai loro cari, e certamente non sarà con questa corsa, che a loro è dedicata, che il ricordo sarà più vivo, forse non tutti coloro che sono qui per correre saranno presenti per onorare il loro ricordo, ma sicuramente avranno qualcuno cui dedicare la loro prestazione.
I km si susseguono così come i pensieri, ora più, ora meno cupi ma sempre costantemente rivolti a chi da lassù veglia su di noi, l' ultimo km è quasi una liberazione, poche centinaia di metri (accompagnato da mio figlio Dario) e potrò volgere lo sguardo al cielo e devotamente segnarmi, regalando la mia umile prestazione a coloro che più non sono ma che sono consapevole posano su di noi il loro sguardo benevolo, anche quest' anno posso orgogliosamente dire io c'ero, per quel poco che vale, a portare la mia testimonianza, il mio pensiero per quei ragazzi, per i loro famigliari e per Te Alessandro, mi manchi, ciao.

(foto Mario)


Stavolta, non voglio concludere con l' elenco dei vincitori, per me hanno vinto tutti coloro che erano presenti, e a tutti do un arrivederci alla prossima edizione. Un doveroso ringraziamento va a chi intrapreso questa bella iniziativa e a tutti coloro che ci hanno consentito di poter arrivare fin quassù.
Claudio Landucci