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I GERANI DI SAN COLOMBANO

15/03/2010

a cura di Andrea Bartalesi

(geranei zonali)

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(questa foto è mia. La sera, alla luce della lampadina, riguardando il geranio preso la mattina...)

I GERANI DI SAN COLOMBANO
Visto che Fausto Martinelli, il nostro inviato, bloccato da un mal di schiena, non era presente a San Colombano per la rituale marcia del Trofeo Podistico Lucchese, mi lascio prendere la mano per lasciare una traccia di questa bella manifestazione.
Vorrei cominciare dal premio finale, particolarmente indovinato, da quella piantina di gerani che ci ricorda di come si stia avvicinando la primavera, almeno quella ufficiale, fatta di date e di calendari. Ma anche il sole, dopo una partenza infreddolita, ci ha riscaldato sulle pietre di Matraia, lungo la bella panoramica che ci portava a Valgiano prima di lasciarsi andare sulla discesa delle Tese. Insomma i gerani che con i loro piccoli bocci occhieggiavano e davano la loro identità di un colore che poi, a suo tempo, esploderà nei nostri vasi, ci aspettavano all'arrivo. Io ho scelto la pianta tradizionale lucchese, con le sue foglie importanti e disegnate, il rosso deciso, senza tentennamenti, quasi una seta uscita dalle famose tintorie del rinascimento lucchese. Altri hanno portato a casa del "francesini" delicati e in molti hanno scelto il viola forse in onore della Fiorentina che sabato sera aveva superato il Napoli.
Ma veniamo alla corsa fatta di un continuo muovere avanti delle gambe, in equilibrio, sui delicati colli che preparano alle Pizzorne, il guardare lontano per vedere un compagno che se ne va, più veloce, o un'altro che si avvicina per essere raggiunto, i paesi ancora addormentati, il fumo che si alza dai declivi, l'odore dell'olivo bruciato portato dal vento, il chiederci se l'ordinanza per la quale i fuochi erano proibiti era stata rimossa o annullata.
Solo me ne andavo con i miei pensieri, ricordando a casa le cipolle di Piero, fine intenditore, che piantate da pochi giorni già alzavano la loro testa verso il vento primaverile e guardavo come gli ulivi mostrassero i loro monconi, dopo la potatura, privati dei succhioni e della loro voglia di salire in alto, da uomini che, consapevoli della loro altezza, li volevano a portata di mano.
La pieve di Valgiano come un obbiettivo da raggiungere. e scendendo le Tese, pensavo a come un tempo questo posto doveva essere adatto a intrappolar gli uccelli, tanto che quel ciuffo in cima a quella collinetta che impediva di veder Pian di Casciana, veniva chiamato l'Uccelliera. Lo so perchè mio padre fra quelle piante trovava rifugio al tempo dei tedeschi, e le donne lasciavano i bianchi lenzuoli alle finestre per indicare un divieto o un permesso di ritorno alle proprie case. La chiesina al Giorgetti, il vecchio edificio sul retro dove io nacqui, Don Fiori che ci fece la festa del suo sacerdozio prima di andarsene nella diocesi ad amministrare anime, una vecchia foto di me, piccolo e sorridente, che accarezzavo un cane di piccola taglia, che sopportava pazientemente le mie incerte carezze, il volto giovane di mia madre. Rivedevo il muro d'orto dove rimbalzava la palla che mio fratello, più grande, mi gettava e che ogni volta non intercettavo. E il prato dove fischiavano i proiettili lanciati dalla Linea Gotica e io ignaro, in collo a mia madre affannata, verso un rifugio di terra e di paure.

Certo la vita con i suoi fatti diventati solo ricordi, a volte ci aggredisce alle spalle improvvisamente e ci fa scivolare lungo la schiena cose che sembravano andate ormai nel vecchio armadio dove si conservano sbiadite foto in bianco e nero.
Ma nel ritmo di un cuore impegnato, non senti mancanze e ti trovi bene ad andare con te stesso, con i tuoi pensieri, con i ricordi, ma anche con le realtà, e ti trovi ad affrontare un'ultima volata prima di un geranio che ti aspetta. La voce di chi ti insegue, il tuo ferrucciano lamento (vigliacco uccidi un uomo morto, si fa per dire) ti volgi e vedi i tuoi figli che arrivano rampanti e per una volta sei felice, così come sei, senza rimpianti.
Andrea Bartalesi