IL GIRO DEI COLLI TERMALI - IL PREGIO DELLA CURIOSITA’
Le acque verdi della Lima che spumeggiavano lungo gli argini e sui piccoli saltelli, o scivolando quiete fra i sassi rotondi, ma soprattutto il rumore dell’acqua che scorre o che salta nel greto del fiume dai poggi che subito sono ripidi, ci ha fatto compagnia prima di prendere la salita a piccoli tornanti su pietre, fra canne d’india e acacie. L’aria era fresca e anche un venticello veniva dal fiume, quasi provocato dallo spostamento delle acque. La salita ci scaldava e arrivati nei pressi di Brucciano uscivamo dal sentiero e ci appariva il piccolo borgo con dritti fili di fumo da alcuni comignoli. I miei occhi, ormai abituati a questi paesaggi, cercavano in alto, oltre gli alberi, il mozzicone del campanile di Pieve di Controni, quasi un prendere contatto con la salita che ci aspettava. Superato il bivio della 20 km saliamo tosti fra le case silenziose. Un cane, portato da un inglese, se ne stava, a zampe anteriori alzate, indicando sotto di se un Welcome. Aveva un’aria simpatica, quasi sembrava che i suoi baffi fremessero sopra la lingua palpitante. Una donna si avvicinava con un piatto e un gatto che la seguiva mansueto. Il cane non si è mosso, continuando a rimanere sulle due zampette di legno, immobile, proprio una statua. Ho lasciato la donna che mi raccontava storie di gatti lasciati dai padroni e salivo verso le ultime case del paese prendendo l a bella mulattiera in pietre che ci fa incontrare una croce marrone con un Cristo bianco, ricordo di qualche evento religioso. Il sole si nega dietro chissà quale scuse e si mostra pudico fra i veli, come una vergine, e fiori che qui chiamano giunchiglie macchiano di bianco e giallo il verde del sottobosco. Arriviamo in cima e ci appare improvviso il paese dietro a un albero nudo e a una cappella antica con le sue pietre. Le nostre orecchie si riempiono di silenzio. Non siamo abituati, sentiamo che qualcosa non è solita, noi specialmente della piana che nasciamo con i rumori di sottofondo, indistinti, provenienti dai capannoni, dalle strade, dalle case, mille televisioni accese. Qui il silenzio ci fa trasalire, quasi paese fantasma, sembra che intorno a noi esseri invisibili e nefasti negassero il rumore a noi viandanti dei nuovi millenni. La prendiamo come sorta di purificazione, di redenzione e ci poniamo a braccia aperte davanti ad una chiesa muta come il paesaggio, come il luogo. Vorrei davanti a questa porta che troviamo eternamente chiusa, cantare a Dio le lodi, qui che mi sento quasi al cospetto di Lui, che se mi alzo sulla punta dei piedi forse riesco a vedere gli ultimi della fila degli angeli che Lo seguono.
Un’altro podista smarrito, alla sua prima volta, mi dice “Senti che silenzio…”. Lo scuoto dicendogli che qui tutto è bellissimo, il silenzio o il clamore, lo spazio o le selve, “andiamo, andiamo verso il lavatoio..”. Il sentiero ci porta in basso verso il buco nero oltre il quale grosse vasche servivano alle donne per i loro bucati, un sentiero pieno di fiori bianchi macchiati di giallo, riuniti, quasi bouquet di sposa, ci appaiono vicini, anche nel sentiero. Li saltiamo e vedo una pianta strana alla quale non sono ancora riuscito a dare un nome. A Pescia mi parlavano di una “rosa di..qualche cosa”. Mi propongo di fare un quesito su facebook, chissà, stai a vedere che qualcuno mi risponde, ma i pensieri si interrompono, entriamo in San Gemignano come conquistatori. Tre donne ci attendono festose indicandoci un forno per una pizza raccomandandoci poi di tornare indietro per il sentierino in discesa a pietre scivolose che ci porterà a Vetteglia. Ed ecco ancora la pianta che con delle foglie sembra formare dei fiori curvi su loro stessi ma il verde delle foglie, sul loro dorso, ingiallisce dando impressione di fiore. Ne colgo un rametto. Arrivo al mitico ristoro di Vetteglia dove le inservienti ci aspettano curiose alla ringhiera e poi, nel tempo che noi “giravoltiamo” per arrivare, si schierano dietro i loro banchi con le dolcezze esposte. Mi rivolgo alla prima domandando se lei, donna di questi luoghi ,conoscesse questa pianta. Mi nega con faccia sorpresa. Mai vista. E subito si mette a decantare il miele che lei ci offre con i pavesini e sa tutto del miele, anche dei pavesini, sono sicuro che se lo domandassi mi direbbe anche di quanto tempo hanno bisogno per la lievitazione. Siamo proprio in un mondo specialistico e specializzato. Quelle belle culture di una volta non esistono più. Salgo per ritornare verso San Gemignano e non dimentico un’occhiata alla parete impervia del Prato Fiorito, oltre la valle, imponente, sopra San Cassiano. Si riprende quota e i sentieri si riempiono di fiori, quasi una fiorita per una sorta di processione. E la mia pianta anonima mi ossessiona. Violette di colore intenso si perdono ai miei occhi attenti alle pietre che spuntano infide. Mobbiano e le sue case ci preparano a Longoio; una donna lavora a dei vasi, credo di aver trovato la fine della mia curiosità. Guarda il mio rametto, scuote la testa corrucciata, dice di non aver mai visto la pianta e che a prima vista le sembra un bucaneve… Signora lasciamo stare, grazie… e saliamo ancora verso la fonte, famosa, acqua che fa rinascere i morti, nella forra, nel muschio un piccolo lavatoio, un rubinetto. Saliamo sul Monte Calvario in un tratto scivoloso e che la molta acqua ha reso fangoso. Mi fermo a osservare una bella inquadratura delle Panie e alle loro spalle il Sumbra pure innevato. Scendiamo al ristoro del romitorio della Madonna della Serra. Arrivo con il mio rametto e lo mostro spavaldo dicendo “voi donne di questi boschi..” ma ho capito che non era un complimento per loro mentre lo era per me. Una di queste, al rametto mostrato, dice di non saperne il nome ma ricorda che i suoi vecchi le dicevano di non toccarla questa pianta perché faceva aumentare il naso. Al che uno subito mi chiede di vedere l’erba di Pinocchio. A quel punto mi sono reso conto che la curiosità è sparita in molti uomini. E ricordo che Graziano, il Serafini, una volta mi fece un complimento dicendomi che io avevo in me la curiosità giovanile. La gente vive vicino a boschi pieni di piante e non ne sa il nome. Gli dicono di non toccarli ma a loro non importa nemmeno sapere come si chiamano, un loro nomignolo, un ricordare, un tramandare. Vivono in luoghi, dove i vecchi raccontavano, di streghi e di streghe, di processioni notturne, con ceri a forma di braccia umane, Prato Fiorito lassù incombe. Niente. E allora riprendo la corsa per terminare con rimpianto questo magnifico percorso.
All’arrivo un abbraccio, un sorriso al nostro Graziano, che vuol essere una consolazione, ma che dimostra solo il fargli sentir la mia stima, l’affetto e l’amicizia, per noi, così preziosa. Ciao Renza, complimenti alle tue gentili signore. Ancora una volta sui sentieri del Giro dei Colli Termali.
Andrea Bartalesi
Brucciano e in alto il campanile di Pieve di controni
il cane inglese a Brucciano
la croce sulla mulattiera
la chiesa davanti la porta della quale se ti alzi sulla punta dei piedi puoi vedere gli ultimi angeli
il mitico ristoro di Vetteglia con sullo sfondo San Cassiano e Prato Fiorito
la fonte di Longoio
il ristoro alla Madonna della Serra
una bella immagine di Bagni di Lucca Ponte.
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