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IL QUERCIONE - Quarta puntata

12/10/2020

a cura di Andrea Bartalesi

Angiolina aprì gli occhi, tutta rossa in viso, accaldata. Aveva la maglia di lana tutta bagnata, che si appiccicava addosso.

Tutto un sogno.

Ma come era possibile? Non se ne faceva ancora una ragione: nel suo cervello erano rimasti tutti i problemi, tutti i discorsi, le immagini del quercione, di notte con una luce che stava crescendo dietro il Colle di San Martino. Ma come, con tutti i problemi, i pensieri che aveva, andava anche a sognarne di nuovi, a preoccuparsi di streghe e streghi, di bambine rubate, di baci, di baci d’amore. Proprio l’amore che a lei era piombato addosso, le aveva scavato un solco dentro l’anima, le aveva tolto il sonno e l’appetito. In questo tempo assurdo, di guerra, di odio, di paure e di rancori, lei si metteva a sognare di Nonzia. Lei di Nonzie non ne conosceva e di sacrestani conosceva quello su nella chiesetta di San Martino in Colle dove c’era prete lo zio.

“ Ma dove la sarò andata a cercare questa storia, questo sogno… “

Intanto si stava preparando perché doveva andare al lavoro, anche se di lavoro ce n’era poco ormai. Metteva quelle poche cose che aveva e nello specchio logoro si specchiava per pettinarsi e darsi una sistemata. Ecco Rosina, l’amica e compagna con la quale avrebbe fatto il percorso per arrivare al laboratorio di cucito e meno male che c’era lei perché, anche se le giornate erano lunghe e la mattina faceva giorno presto e la sera non arrivava mai notte, in quei tempi non si poteva camminare sole. Era possibile incontrare di tutto e tutti: uomini sbandati, partigiani, tedeschi.

 

”Ma guarda come sono disgraziata io,” ripeteva fra sé “proprio di un tedesco mi dovevo innamorare. Tutti hanno paura di loro: appena ne vedono uno lontano gli uomini scappano e si vanno a rifugiare nei boschi, le donne si chiudono in casa, i vecchi contadini pregano perché non gli portino via quella magra vacca che è rimasta nella stalla e con lei quel poco di latte che fa così comodo. Ho sentito di uomini che rischiano continuamente la vita sabotando quello che possono sabotare, si tengono in contatto con gli americani, che dicono essere vicini. I cannoni tuonano ogni tanto e ogni tanto i bombardieri americani passano a bassa quota e vanno a scaricare il loro terrore e la loro distruzione in qualche paese vicino. Per le strade solo silenzi e ordini urlati da gole spalancate dai suoni gutturali. Anche i cani sembrano non aver più voglia di fare i cani: quando li incontri svicolano via per le cantonate in cerca di qualche cosa da poter rigirare fra i denti.

Ed io in questa bella atmosfera incontro un tedesco e mi innamoro di lui. Che se lo sapesse mia madre… non mi ci far pensare. E mio padre? Mio padre che passa più tempo nei boschi che a casa per paura di essere preso e portato chissà dove. Dobbiamo mettere un lenzuolo bianco alla finestra per dirgli che può tornare, quando pensiamo non ci sia pericolo. “

 

 

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“Angiolina ma allora ti sbrighi che Rosina è già arrivata?”

“O mamma, guarda, lasciami stare stamani, perché stamani è una mattinataccia, sono tutta incavolata e smaniosa…”

“Come sei tu stamani? Te lo do io incavolata e quella parola lì… smaniosa.. chi te l’ ha insegnata, le impari tutte, ogni giorno una nuova, sbrigati ti dico e confessati piuttosto di tutte quelle parole dallo zio prete…”

“Mamma arrivo, arrivo, sono pronta, smettila per favore..”

Corse giù per le ripide scale e via di corsa sulla stradetta dove Rosina l’aspettava.

“Ciao, ciao, che bella giornata, un cielo celeste verrebbe voglia di andare per i prati come quando eravamo piccine, ti ricordi Angiolina quando si correva là per i campi sotto la casa dei padroni? Quella volta che prendemmo un canestro di manine del Signore e poi tutte quelle margherite gialle, anche i piscialletto, e poi il mortellino e facemmo tutta quella fiorita per la Processione del Corpus Domine? Torneranno più quei tempi Angiolina? Sai mi hanno detto che i tedeschi se ne stanno andando, che non ce ne sono più neanche a Porcari.

Me l’ha detto uno sfollato di Livorno che è venuto a casa mia a vedere se avevamo ancora delle uova, ma sai le galline, anche loro, sembra che siano indispettite. Insomma mi ha detto che anche là al Collegio dove c’era una specie di comando, non c’è più nessuno e per le strade non se ne vedono più, di tedeschi. Pare che si ritirino in Garfagnana. Infatti si sentono colpi di cannone verso Marlia, perché da lassù dove sono.. ogni tanto tirano fuori un cannone da un monte, sparano e poi lo fanno rientrare dentro. Io come fanno proprio non lo capisco, ma dicono proprio così.

Ma poi, sai Angiolina, a me basta che se ne vadano e tutto torni come prima, magari senza tante camicie nere in giro, senza tanti prepotenti, perché i prepotenti si possono mettere anche le camicie celesti o rosse ma restano prepotenti e io non li sopporto. Ma fammi parlare piano altrimenti…qui anche gli alberi hanno gli orecchi e che orecchi!”

Angiolina restava in silenzio con tutti i suoi pensieri e tutte quelle lacrime che spingevano sotto gli occhi per venire fuori. Lo sapeva che i tedeschi se ne stavano andando, che gli americani già arrivavano dal Padule. Glielo aveva detto Franz, prima di partire. E siccome lei piangeva e aveva la bocca amara di lacrime e di dolore e lui la baciava delicato e le diceva:

“Angiolina non piangere, dai, prima parto e prima torno. Vorrei già essere a casa da mia madre e dire a lei che ho trovato un grande amore, una ragazza meravigliosa, che ha il sole d’Italia nei suoi occhi, che quando ride, fra le labbra dal sapore di pesca matura, mi abbaglia il bianco delle nevi delle Alpi che ci dividono. Mamma, mamma, le dirò, sono innamorato, mamma, urlerò. Io la amo e devo tornare laggiù da lei perché ho trovato il mio paradiso, la mia Eva. Sì piccola Eva tornerò presto e spero che tutto sia passato, che tutto questo odio non ci sia più perché è impossibile odiare solo perché uno è nato di qua o di là da un confine, di qua o di là da un filo di ferro. Io non ho fatto cattive azioni, sai io amo i motori, sono innamorato di tutte le ruote che girano, di tutti i congegni, di tutti gli sbuffi che fanno i motori, innamorato bada bene, ma non pazzamente innamorato come lo sono di te.”

E la guardava con occhi trasparenti, che non potevano essere cattivi. Non potevano essere cattivi: glielo aveva giurato mille volte che lui non aveva mai sparato, anche se lo avrebbe fatto, se fosse capitata l’occasione perché era un soldato e doveva obbedire agli ordini. Lui era contrario alla guerra e per primo non capiva, odiava e temeva le SS, ma diceva anche che i prepotenti non erano solo nelle SS.

“Il mondo è pieno di egoismo, di arroganza, anche negli americani che arriveranno a “salvarvi” come dicono. Ma questo odio e egoismo è in tutte le latitudini, in tutti i paesi e viene fuori, come l’acqua da una sorgente, quando si fa un foro. L’uomo è debole con i potenti e vigliaccamente potente con i deboli.”

Diceva che la cattiveria è una parte importante dell’uomo, che doveva essere tenuta a freno, che doveva essere tenuta nascosta, ma soprattutto neutralizzata. E questo si poteva ottenere con l’istruzione, perché un uomo istruito capisce questo e controlla quello che sa essere male. Quante cose le aveva detto in così poco tempo. Fissato con i motori e con i libri: aveva imparato a parlare italiano durante il suo girovagare in Italia dietro ai carri armati. Le parlava con quell’accento duro e molte cose lei le aveva capite dal suo sguardo. Bastavano poche parole e lei lo guardava e capiva tutto. Lei che si era innamorata di lui prima di parlare con lui.

Come è strano l’amore: innamorarsi di una persona con la quale non hai mai parlato, che non è nemmeno il tipo di uomo che avresti voluto incontrare, un uomo del quale non sai nemmeno il nome, solo uno sguardo, solo un sorriso (da parte di lui) e un abbassare la testa, un nascondere gli occhi sotto le ciglia (da parte di lei) e poi tutta una notte a pensare.

“Ma come posso amare chi non conosco? Ma forse è il bisogno che ho io di amore, che mi fa amare? Forse lui con quel sorriso, con quegli occhi chiari mi ha rimandato l’amore che esce da me e che aspetta, il mio amore, che qualcuno lo raccolga? Forse sono i miei ventanni di attesa di amore, di questa cosa che credi di conoscere, che invece ti rendi conto di non aver mai conosciuto una volta nella vita, tutto in un attimo, tutto d’un fiato? Una povera ragazza come me, timorata di Dio, che va alla Santa Messa, che partecipa a tutte le Sante Feste, che la sera dice anche un’avemaria prima di dormire… “

Il rosario dopo cena con la mamma le pesava un poco, ma subito lo confessava allo zio che povero uomo diceva che Gesù l’avrebbe perdonata e anche la Madonna perché Loro vedevano dentro il suo animo e quello era un animo buono. Ma se vedevano dentro il suo animo vedevano anche che lei era innamorata di Franz e forse erano stati proprio loro, Gesù e la Madonna, a farla innamorare…

“Ma cosa non dici mai, non bestemmiare Angiolina per favore, dare la colpa a Loro per l’amore. Sì lo so, ma l’amore è un sentimento che sfocia poi, quando può, in atti corporei, in un bacio, in mille baci, ma come sentimento chi può metterlo nell’anima a noi povere ragazze? Ma se mi fossi innamorata di Luigi o di Nicola non era tutto più facile? Non era una cosa meravigliosa? No. Solo a pensarci mi passa l’entusiasmo. No, doveva essere Franz, ma doveva essere nato, magari, alla Badia.”

“Angiolina sbrigati, queste divise devo consegnarle oggi pomeriggio e quel bottone lì deve essere attaccato e bene, deve andare in guerra anche se non so più da quale parte, se dalla parte che spinge in giù o da quella che spinge in su.”

 

fine quarta puntata

la quinta il 19 ottobre

Andrea Bartalesi