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IL QUERCIONE - Seconda puntata

28/09/2020

a cura di Andrea Bartalesi

Ed ecco la seconda puntata?

 

°°°°

“Era proprio Pasquino, il sacrestano! E lui, il sacrestano, si sentì scoperto come se d’improvviso gli avessero fatto volare via le lenzuola dal letto e, nudo, apparisse in tutto il suo chiarore, in tutta la sua nudità, in tutta la sua nullità. Si sentì in gabbia come un nero uccello striminzito, con poche penne bagnate, tremante di freddo e di stenti. Si sentì deriso e vide, tutto in un attimo, la sua vita futura, una vita che già gli dava tanti pensieri, tante preoccupazioni. Lui che nel buio della chiesa soffriva questi momenti di tentazione, di annullamento. Sì, proprio di annullamento, perché in queste sere, in queste fioche processioni nelle notti di selva, lui annientava tutto quello che aveva fatto, tutte le preghiere gli si spengevano in gola, non raggiungevano forma umana, non si potevano sentire, erano un aborto, una mancata concezione, un grido strozzato. Perché lui ne aveva dette tante preghiere durante i giorni senza luna. Ma a niente erano servite. Si era raccomandato anche a San Rocco che protegge dagli Streghi. Ma non era servito a niente perché per appunto lui era uno …strego. E così
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pensando correva, correva, correva. Era veloce come un pensiero. Non aveva corpo: era solo una proiezione fantastica del suo corpo. Un po’ come un’immagine riflessa in uno specchio. Tu la vedi: ha tutto, le mani, la testa, gli occhi belli lucidi, la bocca. Può anche mangiare, dalla bocca, e lo vedi che mastica, mastica e inghiotte. Ma a quell’essere che vedi dentro lo specchio niente è entrato in gola, niente ha mangiato. E’ tutta una finzione, tutta un’illusione. Lui era qui ma il suo corpo era nella stanzetta dietro la casa del prete, steso sul letto. Morto, si sarebbe detto, ma se qualcuno lo avesse guardato meglio avrebbe visto che era vivo, anzi ben vivo. E avrebbe visto l’agitazione che aveva dentro, l’ansia, la fretta della fuga. Avrebbe visto i suoi occhi roteare:
-- Gliela devo far pagare al Nanni, questo ometto tutto vino e penne, eh si, me la pagherà e subito. Subito, subito prima che venga giorno, prima che mi scoprano, prima che possano ridere di me. Il Nanni, ma guarda chi mi doveva vedere… proprio il Nanni quel maledetto…-
Così correndo arrivò alle casupole addormentate del paese. Solo tua madre era sveglia: aspettava il suo Nanni. Non poteva dormire. Lo conosceva bene lei il marito! Lo sapeva che quando aveva bevuto un bicchiere di troppo si esaltava, gli sembrava di essere un drago con tutto il fuoco e cento code: perdeva il controllo, non ragionava più. Poi il giorno dopo tutto normale: era l’uomo più buono sulla faccia della terra. Insomma, proprio più buono non si poteva dire.. delle volte gli tirava degli urli..
- Ma dove sarà andato, è quasi giorno e il letto è vuoto. Meno male che la bimba dorme. Povero topino guarda come è serena. Non avrà mica freddo, forse è meglio metterle una copertina ancora. No bimba, dormi, dormi fai la nanna che la mamma ti cuce una gonnellina.. proprio… domani bisogna che cominci con quello scampolo che ho nella cantora a farle un vestitino perché comincia ad essere una donnina.. oddio è un po’ presto perché ….-
Non fece in tempo a finire la frase: una ventata, una botta alla porta che sbatté nel muro con un rumore infernale, aria calda, aria fredda, luce abbagliante nella notte, un rumore come di cento piccioni che volavano, no, forse centomila pipistrelli che si mettevano a volare insieme e tutti insieme, contemporaneamente passassero dentro la cucina fra la madia e il tavolo per poi tornare da dove erano venuti. E … la culla era vuota. La bimba non c’era più. Solo silenzio, odore di bruciato, sul pavimento macchie di cera raggrumata, nella aria odore di incenso da pochi soldi.”

“Il sacrestano, dopo aver recuperato il proprio corpo, su due piedi lasciò il paese e le sue funzioni.

Sparì dall’oggi al domani, anzi subito. Nell’umida chiesa del paese arroccato sul colle garfagnino le candele rimasero accese fino a che finirono e nessuno ne accese ancora di nuove.

Le ombre, sino ad allora tremolanti, si fermarono negli angoli a riposare. La corda della campana diventò triste, intirizzendosi penzoloni nel buio vano del campanile. Nel vuoto sordo della campana i ragni crearono delicate ragnatele lungo il battaglio abbandonato.”
???
“Tuo padre girò nei paesi e nei borghi chiedendo notizie ed ottenendo consigli gratuiti che, forse perché gratuiti, non gli portarono nessun frutto.

Gli consigliarono una spedizione notturna al noce più grosso della zona.

 

 

 

E lui, solo, tremante ma risoluto, nel buio della notte, scavalcando rami caduti durante l’ultima bufera, spaventato dai bruschi movimenti degli animali, a loro volta spaventati, fermandosi ad ogni curva dove solitamente le processioni notturne sostavano alcuni attimi tornò a Lama del Colle. Alzò timoroso lo sguardo verso i rami ombrosi del noce, fino a quelli più alti, ma era buio e solo buio e, come sai, di notte tutti i gatti sono bigi e i rami tutti neri. Girò tutti i noci, le querce, anche i faggi più grossi, non si sa mai. Niente. Vagava di notte e di giorno.

Chiedeva, chiedeva, chiedeva. Niente e solo niente. Di giorno aspettava la notte per poter cercare nel bosco e la notte aspettava il giorno per poter andare in giro a chiedere se avessero visto uno strego con una faccia da sacrestano… se per caso era passato, con un fagotto, con una bella bambina, con le gotine rosse, un berrettino di lana ricamato… in collo a un essere lungo come la fame, brutto, sbilenco, ignorante anche da lontano, un farabutto, uno che se lo trovo l’ammazzo prima di botte e poi lo spingo fino all’inferno. Niente.”

“Il sacrestano capitò qui una notte. Ricordo tutto come fosse ora: era un tempo meraviglioso.Un vento di traverso entrava qui nello spiazzo e fischiava fra la mandolata e i muri della casa abbandonata. Le nuvole correvano in cielo come per una gara e la luce della luna piena diventava buio profondo per poi diventare ancora abbagliante. Le ombre degli alberi correvano con le nubi e con il vento e sembrava che l'aria fosse piena di anime in pena che urlavano.

Poi tutto d'un tratto le urla tacevano con un rigurgito, quasi uno strozzarsi in gola, prima di uscire ancora come la Ralla in piena. Una cosa che ti faceva rabbrividire, ti faceva scorrere lungo la schiena dei brividi interminabili. Bellissimo: cose che capitano raramente nella vita.

Ma scusa se mi sono lasciata andare. Dunque dicevo che capitò qui all'improvviso. Posso dire che così sui due piedi e con l'atmosfera che dicevo prima si poteva anche dire che era un bell'uomo.

Ma solo come prima sensazione, perché poi conoscendolo un pochino di più perdeva tutto il fascino ed anzi diventava un omone normale. E tu sai che la normalità è il peggiore dei difetti che può toccare ad un essere come noi.
Aveva con sé una canna che ci disse essere il suo strumento del mestiere. Terminava con una tazza capovolta in metallo nero affumicato e un poco più sotto uno stoppino messo di traverso fra le aperture della canna appena schiacciata.
Aveva poi un tascapane di traverso sulle spalle pieno di mozziconi di candele.

Devo proprio dire che è difficile trovare al mondo persone così affezionate al loro lavoro.
Aveva poi una borsa di paglia sfilacciata, bisunta e logora come le mie scarpe, che gli pendeva dal collo. Dentro questa borsa c'era la bimba che poi eri tu. Il sacrestano si mise a parlare con la povera, mai dimenticata Tonina, che a quel tempo era la nostra compagna più vecchia, e noi tutte intorno curiose a saltabeccare.

Il chiacchiericcio era così alto che nessuno capiva quello che veniva detto. Quando d'un tratto tu cominciasti a piangere: il mondo si fermò un istante. Un istante che non finiva più. Il vento, le nuvole, i rami, le ombre, le bocche sdentate, le nostre scope, i nostri cuori: tutti fermi, immobili. Da dove veniva, chi era, ma era il vento o lo aveva portato il vento? Fu così che facemmo la tua conoscenza: la tua testolina ricoperta di un cappellino di maglia tutto guarnito con fiori
nella luce della luna e brillavano come brina al sole.

I nostri duri cuori di streghe che avevano girato il mondo, streghe onorate da mille artifici e malefici, insensibili ad ogni raccomandazione e ad ogni preghiera, si trovarono a sdilinquirsi, a liquefarsi come cioccolata nel tegamino al fuoco.
Il sacrestano, nella sua fretta, raccontò tutto in un batter d'occhio. Chiese alla Tonina se avesse accolto la bimba, cioè te, perché era il posto più adatto per lei, visto che nella rabbia e nella foga della fuga aveva lanciato sulla tua testolina un maleficio che la trasformava da bimba rubizza e normale in strega.

Non che la vita di strega fosse poi una condanna perché apprezzare le cose brutte che succedono ci mettono in condizione di godere sempre. Come poi hai visto il mondo è così pieno di cose brutte che a volte c'è da sbellicarci dalle risate e dal godimento.

Ma è il sentimento dell'amore che ci manca e questa mancanza diventa una fissazione a mano a mano che il tempo passa.
Per noi streghe poi il tempo passa così lentamente.... I nostri anni sono tanti, tanti... Non ti ho mai raccontato della Genoveffa? La strega che ho incontrato qui sul quercione quando sono venuta dalla mia Ischia? Era vecchia, decrepita, riusciva appena a stare a cavalcioni alla scopa ma non faceva più viaggi ed anche per scendere bisognava aiutarla in due.

 

Ebbene lei mi raccontava di aver visto passare sotto il quercione Castruccio a cavallo.
Io ricordo che risposi - Castruccio chi? - Mi raccontò tutto di Castruccio, mi disse che era un condottiero, che era un falso come non ne aveva conosciuti altri, un uomo la cui parola contava meno del due di picche, girava la gabbana secondo dove tirava il vento e dove tirava il suo tornaconto, un giorno con i pisani e poi con i lucchesi. Così facendo era diventato il padrone di tutte queste terre dal mare fino a Pistoia. Un uomo proprio in gamba…
Ma diavoluccio mio mi sono ancora divagata.

Dove ero rimasta? Dunque il sacrestano ti lasciò con noi e ancora ansimante ripartì perché voleva arrivare presto nelle maremme dove dicevano esserci delle querce enormi vicino a chiese con campanili tutti pietra e altari con tanti ceri accesi, e un profumo di cera...

Quando era già arrivato laggiù alla curva si fermò e urlò che il maleficio che ti aveva dato sarebbe sparito se prima del diciottesimo anno un uomo ti avesse dato un bacio. E poi ancora urlando: - Un bacio d'amore! –
E sparì sghignazzando, lasciando sospeso nell'aria il suo grido. Il bacio d'amore?! Ci fu un silenzio dilagante, un’emozione infinita nel nostro

gruppo di streghe di tutte le età.

Come parlare di una brocca d'acqua a chi ha attraversato per tutta la vita il deserto.

Il bacio d'amore come sai è il miraggio, il sogno, l'incubo, il desiderio con la D gigante, per tutte le streghe. Le nostre bocche indesiderate da tutto l'universo, bavose e sdentate, rinsecchite e rientrate, con quella peluria che magari fossero baffi... sotto nasi adunchi, ricurvi, lunghi, bernoccoluti.

Ahimè!
Di lui non abbiamo più saputo niente sebbene ogni tanto qualche anima in pena risalga dalle maremme: svanito nel nulla.”

 

la terza puntata il 5 ottobre

Andrea Bartalesi