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L'APPENNINO FACEVA LA RUOTA, COME UN PAVONE di Andrea

02/04/2012

a cura di Andrea Bartalesi

L'APPENNINO FACEVA LA RUOTA, COME UN PAVONE
Andare per monti è sempre bello, ma andarci con un tempo come stamani è qualcosa di incredibile. E pensare che uscendo da casa, ci aspettava, nella piana, un cielo adombrato di nubi, quasi voglioso di rissa. Poi arrivati a Fornoli non c'erano tentennamenti, la giornata sarebbe stata luminosa e calda. Dopo i preliminari che sanno tanto di primo giorno di scuola, dove s'incontrano volti che per qualche motivo avevamo dimenticato, prendiamo con i consueti amici la via per Granaiola. Questo è il tratto più impegnativo, dove ogni tanto perdiamo qualcuno di noi che svolta in basso con i sentieri dei percorsi minimi. Forse le nostre gambe conoscono il luogo e non capiscono storie. Piano. A Granaiola il ristoro degli Alpini , i quali sembrano ormai far parte del paesaggio, ma noi abbiamo altro per la testa, niente panini dagli affettati altisonanti, andiamo verso Pieve con la bella strada asfaltata e poi saliamo dal Rifugio Fiori per poter poi trovare una bella strada "pietrosa", fatta da mani artigiane sicuramente medievali, con i suoi cordoli e le sue misure sempre uguali. Ci viene da chiederci dove porterà o da dove verrà. Certo è strada importante, forse verrà dalla Foce a Giovo, primo valico dell'Appennino,adoperata prima della Strada Ducale della Val Fegana. Ancora ci resteranno il dubbio e i sogni di percorrere un sentiero storico. Tereglio e, volgendosi indietro, Vitiana sembrano tappeti stesi al sole sulle colline che orlano la Fegana. Entrando dai boschi, quasi di soppiatto, in Monti di Villa, ancora una volta ci domandiamo se questo paese sia abitato oppure se le legna pronte e accatastate servano ai fantasmi, che usciranno di casa per la raccolta delle erbe sul Prato Fiorito, come le streghe per le loro pozioni. Anche un gallo che canta, lo fa per nessuno, sembra chiamare a raccolta, autoritario, galline che non esistono e la campana delle ore è stanca come chi sa che la cosa che sta facendo è per abitudine, ma di nessuna utilità. Meno male che al ristoro qualcuno parla, ci risentiamo vivi fra umani, c'è da prendere una decisione. Molti sanno già cosa fare. Anch'io. A dritto verso la Chiesina di Sant'Anna, dritto verso Montefegatesi. L'Appennino ci accoglie con il dispiegarsi delle sue vette, con il triangolo del Rondinaio fino alle Tre Potenze. Il Prato Fiorito dissolve le nebbie che lo avvolgono come la fama di dare ospizio alle streghe o agli streghi. Incontriamo l'Alberto Bambini, il Pecoraro camperista, quasi un appuntamento di ogni anno. Un ristoro, le foto, ci controllano e quasi non ce ne accorgiamo per la felicità della meta raggiunta. Certo c'è da tornare indietro e ci sono i pianori alti, dove i castagni esagerano con la loro rigogliosità, ci sono i sentieri pieni di foglie secche che nascondono le insidie, i nostri piedi appoggiano ma sempre attenti. Il sole, pur nell'aria fresca, provoca in noi i sudori podistici che tanto mi piacciono. Torniamo indietro sull'anello, molti stanno ancora affrontando la salita. Volti sereni e sorridenti guardano verso l'alto fra il reticolo dei nudi castagni che rigano le ombre. La strada ci chiama e ci invita ad allungare il passo, il nostro respiro riprende i ritmi podistici, la discesa ci aiuta. Ecco Pieve di Monti di Villa, c'è da far visita a Tina e a Pinuccia, le due tartarughe. Mi accolgono con il loro silenzio e la loro storia. La Tina viveva da giovane donzella fra orti e declivi, insalate e verdi radicchi, quando conobbe un trovatore, un maschio che chiamavano Francaccio (già il nome!). Questo, eternamente vagabondo, allungava la erre e le mani, anzi le zampette (e brutte fra l'altro, anche sporche) ma raccontava storie meravigliose di terre lontane che forse non aveva mai veduto. La Tina quella sera aveva voglia di sognare e lo seguì nei pericolosi sentieri dell'amore. Quando lui tornò al Rifugio Fiori, una svolta sopra la casetta minuta ma precisa della Tina, ormai il destino era segnato. Lui, la mattina presto, senza un addio, portò il suo ciuffo scapestrato, l'atteggiamento da manigoldo e i suo pantaloni rattoppati in altri posti, forse percorrendo la "pietrosa" strada che tanto male faceva alle sue zampe. La Pinuccia, nata da quella notte stellata in cui il Prato Fiorito sembrava un'enorme luna, crebbe minuta e delicata con il desiderio mai gridato che voleva conoscere il padre. Ed eccole ancora sullo scalino di casa, timide, quasi si fanno pestare dai podisti che indaffarati nemmeno le vedono e mi sorridono festose e riconoscenti quando mi fermo a salutarle. "Salutaci il Graziano" mi sussurrano quando me ne vado, ricordandomi di aver parlato di me con lui. "Certo" rispondo e penso al Serafini, quasi l'Annibale o l'Alessandro che merita un Magno, poco prima, alla Chiesina di Sant'Anna, con il sorriso e i suoi clic, il suo registratore per ricordare i nomi di chi fotografava perché lui non vuole un ricordo di un'immagine fugace, anonima, pur corposa e fedele, lui vuol sapere chi sei e come ti senti, se ti piace il percorso, se hai "intrampolato" o se ti manca un sorso d'acqua, se il viaggio per venire è stato buono, se ritornerai, di che marca sono le tue scarpe, quante volte ti tagli i capelli in un anno e cosette del genere.
Certo quando a lui unisci la Renza e le sue donne, si fa presto a riempire i vuoti, a far diventare una manifestazione un evento.
Ci ritroviamo a Granaiola, al Ristoro degli Alpini, quasi in disuso, devastato ,desolato e desolante dove il pane è finito e deve arrivare, dove le castagne sono ormai un ricordo, ma io, viandante di sempre, ho bisogno di un sorso d'acqua e di buttarmi giù fra i campi,,sentire il profumo dell'erba pestata, arrivare alla Torre e volteggiare come con un parapendio verso il campo sportivo e da qui il sorriso mi prende il volto ed il cuore. All'arrivo un saluto alla Renza che mi chiama e non so dove sia e di corsa verso gli amici che aspettano.
Ancora una volta il Giro dei Colli Termali.
Andrea Bartalesi

 

 

 

Ecco la mappa mandatami da Graziano Serafini e pubblicata sul suo giornalino. Graziano mi ha promesso anche le foto fatte alla Chiesina di Sant'Anna. Lasciamogli il tempo per inciarle. Appena le avrò le inserirò.

 

Ed ecco la foto scattata da Graziano alla Chiesina di SantAnna quando vengo controllato da Manola