Eccoci alla QUARTA PUNTATA
°°°°
LA BICICLETTA
«Silvano tu hai mai visto correre lo Sgughi?»
- Certo. Ero anche sul ponte sull’autostrada quando passarono lui e il
Fanini... -
«Per la Firenze Mare, la quinta edizione che lui vinse? Ma non passava
mica dall’Autostrada...»
- No. Io parlo della sfida fra lui e il Fanini. La fecero sull’autostrada.
Io ero sul ponte in via Fossanuova, insieme a moltissimi altri. -
Felice - Chiusero anche l’autostrada. -
Allora l’autostrada era aperta a tutti, quando era a una corsia, pavimentata
con il cemento con i commenti, ricordo anch’io di averla fatta
con la Lambretta insieme a mio padre, si sentiva il tun-tun delle ruote
sui commenti.
Felice - Sì, ma per la sfida con il Fanini la chiusero, per qualche ora.
Non so se partissero da Firenze o da Prato e arrivavano a Viareggio.
(a Migliarino, ndr) Ti rendi conto? Chiusero il traffico. Non so se prima
partì il Fanini o lo Sgughi... Tre minuti... Raccontavano che lo
Sgughi avesse detto... Sì, fallo partire prima, tanto lo riprendo... -
Silvano - È vero, tutti a scommettere... -
“E chi vinse?” - tirai lì tanto per trovare una conferma dell’evento, che
mi sembrava esagerato. Felice spalancò la bocca e mi guardò fisso con
gli occhi per un’eternità, tanto che mi sembrò gli fosse successo come
a quel tizio che dopo aver sognato tutta la notte di essere una farfalla,
svegliatosi, non sapeva più se era un uomo o una farfalla che sognava
di essere un uomo. Lui continuava a guardarmi a bocca aperta e allora
lessi in quegli occhi sbarrati tutta la sua meraviglia e sicuramente
stava pensando di avermi stimato una persona sveglia, ma che forse
non lo ero così sveglio come pensava. Quando stavo per parlare io, tutto
d’un fiato, con forza e meraviglia, gli uscì dalla bocca: - Lo Sgughi!! -
Fecero i fuochi in Torretta dopo una vittoria dello Sgughi. Ma dai...
addirittura i fuochi!!
Con la povertà che c’era, i fuochi in Torretta? Forse accesero dei fuochi,
dei falò, magari qualcuno fece esplodere delle bombe al carburo. Ricordi
il carburo? Lo compravi da Beppino, con un barattolo da pelati e uno
più grosso facevi una botta...certo era pericoloso, proibito, ma i “ragazzacci”
lo facevano.
Immagina in Torretta, la sera, le ombre, il paese con le fioche luci sotto,
i campi che si perdevano fino alle colline e al Monte Serra senza
antenne, i chiari in Padule, i cipressi neri verso un cielo nero e pieno di
stelle che sembrano tremare come il cuore...perché quando fai qualcosa
di proibito il cuore trema sempre, anche a quelli che si comportano da
farabutti coraggiosi.
E persone che non lo avrebbero fatto mai, sono lì a farlo, a chiedere
come fare ai ragazzi, buchette nella terra, accendono un fuoco, prendono
i rami nel bosco, qualcuno ha portato i fiammiferi di legno, ne
scroccano uno sulla carta a vetro della scatola, non funziona, ha preso
l’umido la scatola, il fiammifero si scapocchia, riprova dai... questo,
finalmente ha preso! Una pina, due pine, ecco la fiamma si alza, un po’
verde un po’ rossa, fra i rami. Illumina i visi, le bocche che si spalancano
in risate forzate, vai, vai... scappa, andiamo dietro la casina, quando
scoppia è pericoloso...
Era il 16 novembre 1947 e La Nazione scriveva:
“STAMATTINA ALLE 12 LA SFIDA FANINI - DEL CARLO
Pioverà, non pioverà? si domandano ansiosi gli scommettitori della
sfida Fanini- Del Carlo, giustamente preoccupati del tempo cattivo. E’
difficile dirlo. Comunque, tempo permettendolo, la sfida tra questi due
infuocati corridori avrà luogo. La partenza avverrà da Prato, questa
mattina alle 12 precise. Primo partirà il porcarese, secondo, dopo 15
minuti, il bianco celeste virtusino.
Il passaggio da Lucca, lungo l’Autostrada, è previsto circa le 14.”
(cit. La Nazione 16.11.1947)
Nel 1946 fu organizzato il primo Giro d’Italia del dopo guerra. Vinse
Bartali secondo Fausto Coppi, terzo Ortelli. C’era una voglia di stupire,
di ritrovare il tempo perduto, da dimenticare la fame e le miserie. Vincere
per dimostrare di essere vivi, Nencini aveva un anno meno dello
Sgughi....
«Silvano ma sei sicuro che dopo la sfida con il Fanini, fecero i fuochi?»
- Sono sicurissimo, per la concomitanza triste della morte di mio nonno
Ferdinando. Egli infatti si alzò da tavola e disse che sarebbe andato
in camera per vedere i fuochi in onore dello Sgughi. Lo trovammo
morto in camera. -
Era il 19 novembre 1947 ed era mercoledì.
Della sfida sulla Firenze Mare ne parla anche Della Nina Giampiero su
Facebook:
“Per lo Sgughi suonarono le campane a stormo.
Intendevo parlare di altro, ma poi ho notato che si è avviata la discussione
su questo personaggio e considerato che lo Sgughi fa parte della
storia nostra, ne voglio parlare, limitandomi a vederlo dal suo lato
migliore. Si chiamava in realtà Ugo Del Carlo ed aveva tutte le qualità
per diventare un grandissimo ciclista. Era fortissimo e faceva letteralmente
impazzire i porcaresi che amavano lo sport e lo tenevano come
la loro bandiera opposta a quella dei Segromignesi che pure avevano
un campione altrettanto valido: il Fanini.
Si ripeteva localmente il dualismo Bartali- Coppi e si scommetteva
su chi fosse il più forte. Di una delle tante memorabili scommesse
ne dà notizia il quotidiano La Nazione in questi termini: “È nata in
piazza del mercato all’ingrosso la sfida, e ne sono stati interpreti sei
notissimi sensali di vacche: tre di Segromigno e tre di Porcari. I primi,
naturalmente, tenevano e tengono Fanini il prodigioso giovanissimo
del sodalizio locale biancoceleste; i secondi hanno per beniamino Del
Carlo della Poggiocaro. Si tratta di due elementi i quali, come tutti gli
sportivi sanno, si sono dati sempre aperta battaglia nelle molteplici
gare in tutta la provincia.
I sensali tirano fuori i loro portafogli e ciascuno di loro mette “sul
piatto”, 100.000 lire. In totale 600.000 lire una somma favolosa per
quei tempi, che viene depositata presso un notaio di Via Nuova. I due
corridori dovranno sfidarsi sulla Prato-Viareggio a cronometro oppure
su tanti giri di Mura equivalenti a 100 Km. La sfida ebbe luogo la domenica
16 novembre 1947 con partenza da Prato alle 12. Trattandosi
di una “cronometro”, fu stabilito che i due corridori partissero con 15
minuti di intervallo uno dall’altro. Toccò allo “Sgughi” partire per primo.
Quel giorno, lungo l’autostrada da Altopascio a Lucca, c’era tutto
Porcari e Segromigno; molti tifosi attesero i corridori a Viareggio.
Vinse il Del Carlo alla grande e la domenica successiva 23 novembre,
il giovane corridore fu festeggiato in paese con fuochi d’artificio e
suono di campane a stormo. Il Del Carlo era una vera promessa per
il ciclismo, ma, si sa, per diventare un vero campione, oltre al fisico
bisogna avere testa e determinazione.”
Commenta Amelia Giovacchini
- Sai...com’è piccolo il mondo? Nel 1979, a Cordoba, in Argentina, dove
mi trovavo per conoscere i miei suoceri, venne a salutarci “La Lessa”
originario di Rughi, insieme al Fanini, emigrato anche lui. Vennero
perché, come dissero, avevano saputo che c’era una ragazza “de’
Rughi”... la comunità di immigrati che veniva dalla nostra zona era
piccola e unita. Beh, il Fanini mi raccontò che, da giovane, correva in
bicicletta con lo Sgughi. -
«Chi era “la Lessa”?» Ci viene in aiuto ancora il Della Nina:
- E visto che Amelia Giovacchini parla di un altro ciclista, Luigi Ramacciotti
detto La Lessa, vinse a Siena l’importante “Coppa Peruzzi”. -
Ecco cosa racconta Adolfo Giannotti:
- Fecero i fuochi veramente, al termine di una giornata di festeggiamenti.
Fu la domenica successiva o forse l’altra ancora, dopo quel
fatidico 15 agosto del ‘50 in cui vinse la Firenze-Mare. A capo c’erano
tutti i suoi sostenitori, Colombo, i Carmignani, Rodolfo. Fu una giornata
di festa per Porcari. Io li vedevo passare in via Roma dal mio
negozio di gelateria e pasticceria... -
«Adolfo ma lo Sgherri dice che i fuochi furono in novembre del 1947...»
- Senti, io ricordo perfettamente che il negozietto iniziale della gelateria
di mio padre era nel palazzo del Poggi fino al 1950 e che vedevo
una moltitudine di gente che faceva festa. Era senz’altro domenica ed
era estate sicuramente. -
«Allora i fuochi furono fatti due volte, nel 1947 e nel 1950?»
- Può darsi. Potresti sentire Giovanna Dell’Aringa perché un suo zio
seguiva sempre lo Sgughi... -
“Di Porcari lo Sgughi è il campione
al Fanini gli dà il polverone...”
°°°
RACCONTA IVANO DEL CARLO
Ivano Del Carlo correva in bicicletta, dopo lo Sgughi, qualche anno più
tardi.
- Andrea, lo Sgughi non aveva bisogno di nulla. Lui era un campione. -
Ma Bertino, il Della Nina, un giorno che parlavamo di lui mi disse che
mentre loro (intendeva lui, il Dal Poggetto di Via Bernardini, Franco
Malacarne, il Bandettini Pasquale di Rughi) andavano a correre in bicicletta
e tornavano sempre in bicicletta, Ugo lo portavano a correre, il
Precisi o Luigi del Carmignani o il Cesca, (era un giudice di gara, che
abitava in casa di Aurelio, sopra la Ferramenta della Pollastra)...
- Andrea, è vero, ma lo Sgughi vinceva perché era nato per correre.
Aveva il torace ampio e le gambe fini, le caviglie magre come un merlo,
Era nato per correre e vincere. Il Precisi lo portava a correre, aveva
una 124 sport, altre volte lo portava anche Luigi o suo fratello Mario
della latteria del Carmignani. A quel tempo giravano pasticche, le
chiamavano simpamina. Allo Sgughi compravano le bistecche, aveva
sempre fame, ma lui aveva classe, non aveva bisogno di aiuti. Noi
correvamo in bicicletta perché non c’era altro. Per noi era una passione,
magari di famiglia. Mi mise in bicicletta mio zio Lido, quello del
Bazar. Per portarmi a correre veniva l’altro mio zio Bruno che stava
a Viareggio e mi portava con la motocicletta con il carrozzino. Lo zio
Bruno commerciava in tutto. Allora tutto quello che poteva rivendere
lo comprava, polli, uova, conigli, Quando cambiarono i tempi, si
mise a fare il falegname di barche e sulle barche, diventò famoso. Ma
quando correvo io, aveva una cesta o una gabbia dentro il carrozzi
no, sopra ci sedeva mio zio Lido o suo figlio e tenevano la bicicletta,
io montavo sul sedile di dietro della moto. Cominciai qualche anno
dopo Bertino. Al tempo dello Sgughi, lui era dilettante, correva con il
Fanini, il Nencini, il Bartolozzi... il Bernardini Polo del Marginone... -
Gli occhi chiari di Ivano si scaldano, brillano, i ricordi arrivano su questo
tavolo d’osteria, le sue mani spazzano la tovaglia davanti a sé, e poi
volano fra me e lui, quando racconta:
- Vinse la Firenze Mare, una corsa durissima che era la classica più
ambita dai dilettanti. Io per giudicare un corridore ho bisogno di vederlo
dal vivo, appoggiargli le mani sul petto e guardarlo... sai l’altro
giorno, per Ferragosto, sono andato dietro la Firenze Mare, la 70°
edizione. Venivano i corridori giù da Bagni di Lucca, erano passati da
San Marcello, io li aspettavo a Giannotti, l’ho seguiti sulla Freddana
con il mio camioncino, a Valpromaro ho tagliato dal Pitoro, loro hanno
fatto il Magno e il Pedona e io l’ho rivisti passare a Montramito... -
Certo lo Sgughi era un campione ma aveva un caratteraccio...
- Era così. Un signore quando parlava, ma in bicicletta non aveva rispetto
per nessuno. Sul Monte Quiesa una volta dette una pompata a
Bresci fra capo e collo. (forse era Olmi, ndr) Era elegante come Koblet,
portava nel taschino il pettine e prima dell’arrivo si pettinava. Per me
era forte come Nencini. Fece la sfida con il Fanini sull’autostrada Firenze
Mare, a cronometro. Partirono non me lo ricordo da dove, prima
partì il Fanini e poi lui. -
«Scusa ma l’autostrada come fecero ad avere l’autorizzazione?»
- Guarda l’autostrada era aperta anche ai motori e alle biciclette, io
per andare a Altopascio con la bicicletta passavo dall’autostrada. -
È vero, anch’io ci sono passato con mio padre in lambretta...
- Ma per la sfida fu chiusa al traffico. La gente sui ponti scommetteva.
Una volta c’era una corsa che arrivava al Bigio. Nel bar del Bigio c’era
ancora il fuoco, lo vedo ancora, nell’angolo (io invece vedo i suoi occhi
che sembrano specchiare la luce del fuoco). Aveva vinto lo Sgughi e
Mario del Carmignani guardava Chitino, magrolino, basso e Mario
gli disse. e tu così piccino sei arrivato secondo dietro lo Sgughi!!!!?? -
Luciano Chiti era di Quarrata, nato nel ‘29, fu uno dei migliori “indipendenti”
toscani della prima metà degli anni ‘50 e quell’anno ne vinse il
Campionato Italiano di categoria. Non si distingueva per i successi ma
aveva conquistato diversi piazzamenti importanti ed ebbe il merito di
essersi aggiudicato una vittoria all’estero in un periodo dove le trasferte
in terra straniera erano limitate (tappa Giro di Gran Bretagna 53).
Già arrivare secondi, dopo lo Sgughi, era un’impresa! Che tempi. E ora
ridiamo aiutati da un vinello di Lari gentile che ci fa da mediatore con
questa rosticciana alla brace. Il cuore si alza e svolazza davanti a noi.
Le immagini che rievochiamo sembrano qui davanti e le mani si alzano
quasi a toccarle per renderle più vere.
Non solo Ugo era famoso perché vinceva, ma batterlo era per gli avversari
qualcosa di indescrivibile.
Polo Bernardini, la sua sintetica storia e cosa dichiarò a Il Tirreno.
Nato a Marginone il 31 marzo 1927, già all’età di 8 anni aveva maturato
la passione per la bicicletta. Trasferitosi con la famiglia a Lucca,
una volta terminata la scuola, la quinta elementare, si mise a lavorare
nella bottega di suo padre Angelo, aperta in centro storico, dietro il coro
di San Michele, che vendeva castagnacci, necci e prodotti tipici della
cucina lucchese, negozio poi trasformatosi dopo la guerra in pizzeria
e gelateria. Anni difficili per i giovani che dovevano lavorare per mangiare.
Finita la guerra, si dedicò alla sua passione ciclistica e fu presto
denominato il “cannibale” perché vinceva tutte le gare. Passò dilettante
quasi subito, nel 1946 (era sufficiente vincere tre corse negli allievi),
“Era un ciclismo diverso. - dichiarò al Tirreno - Alle corse dovevamo
arrangiarci. Non avevamo l’ammiraglia al seguito per il cambio ruote.
Quando foravo, dovevo sistemare la bicicletta da solo. I diesse ci dettavano
le tabelle e ci consigliavano nell’alimentazione, ma poi toccava
a noi corridori prendere le decisioni. Io avevo un fisico gracilino ed
ero penalizzato nelle strade sterrate rispetto a chi aveva un fisico possente.
Penso che nel ciclismo di oggi sarei andato ancora più forte...
Una vittoria che non dimentico, quando nel 1950 indossando la maglia
della S.S.Assi di Firenze, mi imposi nel Giro delle Alpi Apuane. A
80 chilometri dal termine mi trovai in fuga con Del Carlo che staccai
nell’ultimo tornante prima di fare 20 chilometri da solo e giungere sul
traguardo con un vantaggio di 4 minuti sul secondo classificato e di
9 minuti su Dino Dini terzo classificato».
Il più grande rammarico? Non essere mai riuscito a vincere la Firenze-
Viareggio, una classica importante, allora come oggi.”
Insomma questo era il mondo epico e come ora viveva delle rivalità che
coinvolgevano non solo la persona, ma i paesi, le comunità. Ognuno
aveva il suo eroe, erano organizzate squadre locali, nei bar si discuteva
e, purtroppo, si scommetteva.
Ho una foto dello Sgughi. Giovane, mingherlino, gambe fini, caviglie
da merlo, calzini a quel modo, la maglia della Poggiocaro, un mazzo di
fiori, misero, che certifica la povertà del tempo. Sulla foto c’è la scritta:
“Subito dopo il suo vittorioso trionfo alla media di km 36,240”
La foto era di proprietà di Colombo di Lazzaro, probabilmente anche la
scritta l’aveva aggiunta lui.
E la firma del fotografo Foto Pipetta
Era Agostino, il fratello di Luigi Genovesi, detto anche lui Pipetta. Aveva
una bottega alla Guerrina, proprio accanto al bar del Bigio. In seguito
a una delusione amorosa emigrò in America. Trovatosi sul fatto,
non fece scene, non disse una parola, preparò i bagagli e partì. Andare
in America non definiva se in quella del nord o in Argentina, lui andò
in Brasile. Mi dicono che poco tempo fa il nostro Pipetta, Luigi, ormai
cieco, chiamasse a vedere un ritaglio di un giornale brasiliano dove era
annunciata la morte di questo grande fotografo italiano.
Il Da Massa in un suo viaggio in America del Sud, passò a trovarlo e
tornando raccontò che era ritenuto in grande stima e che addirittura gli
avevano intestato una via! In Brasile è possibile anche questo.
(continua la settimana prossima)
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