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LO SGUGHI - ULTIMA PUNTATA

14/09/2020

a cura di Andrea Bartalesi

Ed eccoci all'ultima puntata di questo personaggio che ci ha fatto compagnia per oltre due mesi, ricordandoci un paese che non c'è più, solo le ombre sono le stesse.

 

SI TORNA IN CORTE ANDREOTTI
E in questa corte Andreotti dove a volte la Luna gioca con i rotti cascinali,
con le colonne che si alzano mute e inutili, e mostra le ombre
eterne che solo si nascondono durante il giorno, Ugo guardò in faccia la
sua vita. E scelse la morte. Non trovò il coraggio del colpo di reni, non
trovò la trombetta del lattaio per prendersi beffe della sua malattia e del
suo momento triste. Si fece sovrastare dal suo male e dalla sua miseria,
dalla confusione che lo faceva annaspare per non affogare in una vita
piena di debiti e di depravazione, Gli sembrò inevitabile, forse, e pensò
che così avrebbe solo anticipato di qualche anno una fine ingloriosa e
di sofferenza. E ci meraviglia, noi così pusillanimi, proprio questo suo
arrendersi. È luogo comune dire che suicidarsi ci vuole coraggio. Lui
invece lo ha fatto per codardia e sconforto: credeva che tutto fosse inutile
e inevitabile. Forse ha avuto paura di dover scontare le sue evidenti
colpe, lui che meritandosi la galera si vergognava di farsi vedere in giro,
perché lui era il migliore, non poteva essere punito e rinchiuso, lui era
il numero uno.
E l’eleganza di questa corte vide il suo corpo trafitto, in una notte come
questa, dove un pino, che sembra piccolo in questi spazi, fa da sentinella
e guarda i campi vuoti verso San Ginese. Difende il suo diritto al
ricordo e alla sua essenza contadina. Vuole conservare il vociare dei
lavoranti che s’innalzavano dagli acquitrini per conquistare una terra
e farla diventare fertile, il granturco, oltre i gelsi, perché loro volevano
mangiare la polenta, avrebbero allevato i conigli e le anatre e si sarebbero
messi a tavola felici. Ne sarebbero usciti sazi, avrebbero fatto tanti
figli, avrebbero steso il grano in corte a seccare, e i trattori, che senz’alil

tro sarebbero venuti, dovevano capire di essere estranei in questa corte.
Mezzi utili ma separati, accettati solo come ospiti.
Il nobile palazzo vive anche lui momenti di triste solitudine e domani,
quando i teatranti se ne saranno andati, sembrerà un corpo nobile ma
inutile in questa corte così lunga. La villa che ha creato tutto questo
sembra un fregio, un decoro, una medaglia inutile al valor contadino.
Forse c’è bisogno di spese per consolidare e rendere abitabile comodamente
quest’abitazione, ci sono da fare sicuramente delle scelte, prendere
decisioni. Le auto ferme e ormai inutili che sembrano trovare in
questa corte la loro ultima residenza, se ne dovranno andare, mentre
gli uomini, e soprattutto le donne, non dovranno creare barriere facendo
sì che la corte diventi un insieme di serragli.
Io mi fermo al presente e come Ugo mi spavento davanti al futuro.
Ascolto il timido russare del barbagianni, ora che il buio ha riconquistato
gli spazi, il girare frusciando, nel buio, di vecchi pipistrelli, e chiudo
gli occhi per ascoltare meglio. Domani il sole, sfacciato e impertinente,
mostrerà la cruda realtà del mondo, ma io sarò lontano e porterò
con me la bellezza di una sera e il triste ricordo di Ugo Del Carlo detto
lo Sgughi.

ANDREA BARTALESI

 

Ringrazio chi ha sopportato la mia curiosità e soprattutto chi ha ricordato
con il luccichio negli occhi.
Grazie per il loro aiuto prezioso a: Alfiero Melani, Amelia Giovacchini, Andrea
Romano, Angelo Del Carlo, Angelo Toschi, Antonio Lunardi, Armando Giannini,
Clara Del Carlo, Cristina Lazzareschi, Dia Manfredini, Eugenio Toschi,
Felice Toschi, Francesco Giannini, Giampiero Della Nina, Gina Pera, Giovanna
Carmignani, Giovanna Dell’Aringa, Ivano Del Carlo, Ivano Fanini, Leonardo
Fornaciari, Maria Di Giulio, Moreno Del Carlo, Orfea Del Grande, Paola Betti,
Patrizia Del Carlo, Piero Morganti, Pietro Fanini, Rosa Giannini, Silvano
Sgherri, Teodoro Del Carlo detto Dorino e gli atri, se li ho dimenticati.

 

A BREVE PUBBLICHERO' UN MIO RACCONTO: IL QUERCIONE

Prende spunto dalle voci che circondano sempre una quercia, streghe, sabba, occulto, figuriamoci un "Quercione" come quello di San Martino. Ho immaginato anche una storia d'amore. Quasi spostando l'occulto da una magia a un sentimento umano, che fa girare il mondo.

Tanti anni fa io ci passavo spesso con i miei compagni di corsa. Sempre di mattina, sempre molto presto, a volte all'alba. Una mattina su un cartello di latta sbilenco una scritta in rosso: Andrea ti voglio bene.

Ovvio che quell'Andrea non ero io. Ma devo riconoscere che mi piacque come mi piaceva leggerla ogni volta che passavo. Forse la presunzione umana, o il piacere di essere amato, ma invidiavo quell'Andrea, quasi un verso di Prevert da Questo Amore

"Per te e per me per tutti quelli che si amano

E che si sono amati"

Ovviamente questo non incide sulla mia storia, ma per dirvi che quel luogo, oltre alle streghe, ai tedeschi che conducevano i carriarmati, poteva ospitare storie d'amore.

Andrea Bartalesi