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LORIS NERI CI RACCONTA LA CORRI CON PAOLO 2019

22/04/2019

a cura di Andrea Bartalesi

 
 
 
 
 
 
Caro Andrea insisto nel darti fastidio. Sabato non ci siamo incontrati, ma ti vorrei chiedere se anche stavolta potresti pubblicare sul sito dell'Atletica Porcari il mio resoconto della Corri con Paolo. Grazie ancora, tanto so che lo farai.
Titolo:
Il pagliaccio di cuori. -
Nel secondo sabato d'aprile, su di una collina che si preparava a riempirsi di colori, stavo per diventare un pagliaccio di cuori. Il giorno sarebbe stato interminabile e il desiderio di rendere omaggio ad un ragazzo sfuggito via troppo presto, mi portava una forza innaturale per compierlo nella maniera migliore.
Ero pure in ottima compagnia. Battevano le otto e quaranta, l'ora d'inizio di ciò che avrebbe trasformato persone e luoghi in un circo magico e festoso. - Il primo compito era la preparazione di qualche migliaio di sacchetti contenenti il premio di partecipazione. Furono sistemati due grossi tavoloni e in un susseguirsi di mani e braccia iniziai anche io a lavorare. Verso mezzogiorno e mezzo arrivò l'ora della pastasciutta e degli affettati. Il sole brillava rendendo il cortile un posto invitante. All'una e trenta giunsero le prime persone e Montecarlo iniziava a vivere. Le magliette sgargianti dei podisti e i giubbotti svolazzanti dei camminatori stavano riempiendo la città di colori. - Poche volte l'anno rientravo nel vivace mondo podistico e fu incredibile sapere che non mi aveva dimenticato. Tra gli abbracci, i baci, i saluti e i complimenti ricevuti, sentivo ripetuta spesso la parola <<Grande!>> Del motivo non lo capivo, ma mi riempiva d'orgoglio e di gioia. Era forse per le mie gambe veloci? Per quello che scrivevo? Per le foto che scattavo? Era solo un luogo comune? Il dubbio in me restava, ma potevo solo esserne contento. Mica era un'offesa. - Mi muovevo avanti e indietro, fermandomi infinite volte a parlare e a condividere pensieri e storie passate. Io e un amico andammo a vedere la Fortezza e restammo delusi perché era chiusa. Ci spostammo nella saletta dove erano allestiti i grandi pannelli colmi di fotografie delle scorse edizioni e quelli delle staffette compiute nelle estati. Mi emozionai, perché un mio resoconto era posto in bella vista.
Pensai un po', ma non mi venne una frase adatta da scrivere sul quaderno dei pensieri. Avevo timore di deludere. Ero andato a vestirmi da pagliaccio, quando rientrai in strada c'erano bimbi divertiti che mi guardavano. C'erano bambine curiose per la mia parrucca tricolore e riccioluta. C'erano cuori a quattro zampe pronti per un'insolita passeggiata. Oltre a me, tutti parevano indaffarati. Era una giornata colma di ricordi tristi ma festosa. Perché, quando si pensa a qualcuno, bisogna farlo con gioia.
I dolori sfumano con i pensieri trasversali e positivi. Un po' come quando mi faccio male al piede sinistro per non sentirci male pizzico il braccio destro. Sembro scemo, eppure funziona. In questo modo ogni cosa di bello e buono serve a mettere da parte temporaneamente chi non c'è più. A lasciarlo tranquillo nella sua fetta di Paradiso. Come se fosse seduto su di una poltrona comoda con la televisione accesa (mio padre avrebbe la sigaretta in bocca) e si divertirebbe guardando un programma allegro o una partita di calcio. -
L'ora di partenza era per le quindici e trenta. La piazza straripava di suoni, urla e applausi. Il gruppo Ridolina e la banda stavano animando al massimo l'attesa. Con lentezza il serpentone di gente si stava muovendo. Il suo corpo lungo e variopinto avrebbe insinuato un ondeggiante strisciare per il paese, i sentieri e le colline. Alle quindici e cinquanta, iniziai anche io a correre. Scendevo per la discesa e incrociavo molti bambini. Far gioire uno di loro sarebbe bastato a rendermi felice. Stavo imparando molto e questo era uno di quei giorni dove sentirmi chiamare babbo mi mancava. La parrucca mi faceva sudare più della corsa e le gambe mi dolevano perché non ero più abituato alle lunghe soste ricreative e fotografiche. Continuavo a scorgere volti simili. Molti erano i ragazzi che avevo già oltrepassato. Tanti ridacchiavano perché non li riconoscevo. Ero un pagliaccio che faceva ridere. Ciò che lo spettacolo circo meriterebbe, piuttosto che esseri viventi costretti a gabbie anguste e azioni vergognose. - Al ristoro di San Giuseppe c'era vigore. Intenso più di un faro puntato negli occhi. Io fotografavo gote gonfie di cibo, bimbe abbracciate come sorelle e giovani innamorati. Pagliaccio dal cuore pulsante. Da podista avevo ritrovato il mio gioco, come se non l'avessi mai abbandonato. Era difficile togliermi da quel parcheggio così avvolto da un rotolone di magia. Il pane e la nutella avevano appesantito la mia partenza. Il percorso era invertito, pertanto la Verruca diventava più frizzante. Il fischiotto che portavo al collo emetteva un suono che pareva provenire da Paperopoli. I bimbi seduti nei passeggini ridevano appena lo sentivano. - Da Poggio Baldino a Montichiari per correre sul percorso naturale dovevo accendere i reattori arrampicanti. Mi accorsi che funzionavano bene.
A metà tratto mi fermai per dare sostegno morale a tanti corpi affaticati, scherzandoli con le mie fotografie e con il Paperfischio. La Filarmonica di Giacomo Puccini riempiva la località d'arie gioiose da cui era difficile allontanarsi. I miei passi stavano terminando. Le persone lanciavano le ultime occhiate al paesaggio vinicolo sottostante. Gli alberi fioriti e rigogliosi spuntavano come macchie di colore tra i prati verdi e le nuvole. Giunsi così alla fine della corsa di un pagliaccio. Un'ora e trentun minuti per percorrere circa dieci chilometri e quattrocento metri. Il gruppo Ridolina allietava piazza Garibaldi con uno spettacolo genuino ed esilarante. Poi si spostò a suon di musica e applausi in via Roma e piazza Carrara. Fu rispolverato anche il vecchio, ma assai efficace, tiro alla fune. Perfino noi grandi coglievamo l'occasione per mettere in mostra i muscoli quasi avvizziti e i meccanismi mentali da viaggio nel tempo. - Il ristoro pullulava di mani e bocche. I sorrisi erano smorzati solo dal cibo ingerito. La piazza era diventata troppo piccola.
Per sedersi sarebbe stato necessario acchiappare le nuvole. Alla Corri con Paolo occorrerebbe un luogo immenso. Difficile però trovarne un altro così affascinante come questa città fortezza. Erano le sei del pomeriggio e stavano tornando ancora tanti partecipanti. Il sole si era nascosto e la brezza collinare aveva costretto a riabbottonarsi i giacchetti. La fantastica famiglia della Corri con Paolo non smetteva di creare, operare, sistemare. La città poteva continuare a splendere serena per i turisti, mostrando fiera i monumenti e tutta la sua storicità. La lotteria emetteva i risultati. Una ragazza mora si era imposta vincitrice di un incredibile televisore. Tutti i ricavati della giornata saranno portati al centro Girasoli di Pisa. In quei locali, grazie anche a questi soldi, dottori e volontari cercheranno di ridurre al minimo le sofferenze di tanti piccoli sfortunati. - Caro Paolo, l'anima vivace di Montecarlo non smetterà mai di accarezzarti. In ogni istante di tutti i giorni la tua famiglia sarà abbracciata da migliaia d'amici. Tutte le loro mani saranno alzate verso il cielo.
Come quella domenica dell'anno scorso che formammo l'infinito sopra un prato pieno di sole. Tu ci manchi e non lo sai.
 
Loris Neri.