A MONTECARLO CERCANDO LA MAGIA DELLA CIOCCOLATA
In un pomeriggio con le nuvole, gravide e nere, che si fermavano in un cielo azzurro, con la tramontana che portava in giro le foglie appena morte, l'uomo si avvicinava a Montecarlo dopo aver parcheggiato l'auto a una distanza che gli dava modo, da una parte, di riprendere contatto con le sue ossa stanche dopo i boschi di Orentano e dall'altra di notare come la gente ha fretta, sempre, specialmente quando sta dietro ad un volante, non importa a quante razze sia.
Certo la magia della cioccolata, quello strano sentimento che ci lega a un cibo che non è solo un cibo, forse più relazione psico-gustativa, bisogno che ti assoggetta e ti rende schiavo, ti fa tralasciare per un attimo le auto che girano come maggiolini cercando impossibili parcheggi in collo a mamma. I banchetti con i loro brigidini, i croccanti, i profumi, lo preparavano a quel mondo.
Il borgo, sorvegliato dalla torre campanaria con i suoi mattoni, i suoi smerli, dalla Fortezza medicea, con i muraglioni dai quali fanno capolino moderni viandanti in cerca di antiche visioni, su una piana piena di fumi di vapore acqueo, subito diventa troppo stretto per i gazebo che accolgono i mercanti di spezie con i loro fini lavori dalle calde tonalità dal marrone al nero fondente.
Troppo stretto il borgo, la gente si accalca, si ferma, fra commenti e saluti, scambia convenevoli, carrozzine, con bimbi rosei addormentati, prese prigioniere fra un piumino che sa di antitarme e un piede ancora scalzo in sandali dal tacco alto, l'inverno che si preannuncia spaventando alcuni e sorprendendo altri.
La ressa è maggiore davanti ai gazebo, gli avventori ne tornano con carte tenute come reliquie, altri con bicchierini nei quali scavano con i cucchiaini grammi dell'agognato sogno. L'uomo si inoltra cercando bicchieri caldi da tenere in bilico e scaldare la mano e il cuore, la gola e l'anima. Trova persone che cavano di tasca i loro portafogli, mercanti dagli occhi vivi che cambiano soldi, niente magie, uno scambio di merce e danari, sacchetti che si chiudono velocemente.
Forse ci vorrebbe l'oriente, i suoi odori di spezie, i suoi sacchi, gli occhi delle donne che ti sorprendono da sopra i veli, nel mistero di una kasba, il sapore di un grumo di cioccolata che ti si sgretola in bocca impastando la lingua, inondando lentamente ed inesorabilmente la gola. Invece nella via principale di questo nostro borgo sembra una lotta fra chi sogna e chi vive, fra realtà e finzione, quasi un desiderio che sembra definitivamente irraggiungibile. L'uomo passa oltre la piazza, cerca nei disegni dei bimbi una verità che crede di conoscere, la tramontana si inserisce nello spazio che, stretto per la cioccolata, diventa ampio per il vento. Torna sui suoi passi, sospinto da un bisogno, almeno, di un tenero calduccio, cerca nelle parole di amici un conforto, viene portato dalla gente, passa davanti un vassoio di piccoli assaggi, trova un quadretto nero, fondente, la bocca, il gusto, riconosce l'evento, non ha bisogno di occhi, l'emozione scende lungo la gola, fino all'anima.
Andrea Bartalesi