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OLTRE IL LIMITE.. A LIMITE SULL'ARNO

21/09/2010

a cura di Andrea Bartalesi

SBAGLIARE E' UMANO, PURTROPPO

Vorrei raccontare, senza far polemiche, quello che ci è capitato a Limite sull'Arno stamani.
E lo vorrei fare anche perché ho ricevuto la convocazione della prossima riunione del Comitato Pisano di Podismo e il suo ordine del giorno nel quale si tornerà a parlare e a discutere sull'orario di consegna dei cartellini e della partenza alle marce pisane. Ho l'impressione che questo problema, importante, finisca per non far parlare di altro, come se i problemi di noi podisti fossero solo i cartellini e le partenze.
Dunque stamani con altri tre amici dell'Atletica Porcari mi sono recato a Limite sull'Arno per conoscere questa marcia, i luoghi, il percorso. Data la distanza siamo arrivati un po' tardi, cercato il parcheggio, fatta l'iscrizione siamo partiti. Erano ormai le 8 e 20 circa. L'uomo che doveva indicarci il primo bivio è già tornato e ci informa di dove passare. Sorpassiamo un uomo e una donna al passo, un podista più veloce di noi ci sorpassa. Fatto un km, seguendo una freccia rossa ci dirigiamo in un piazzale dietro un capannone dove il podista che ci ha sorpassato stava facendo cose impellenti e ci dice che abbiamo sbagliato che non è questa la strada, di andare nell'altra direzione e così ci troviamo in un giardino di una casa da dove non possiamo far altro che tornare indietro. Incontriamo quello dei bisogni impellenti, lo aggiorniamo, torniamo al piazzale, dovevamo passare proprio di lì, e pensare che lui in quel capannone ci aveva lavorato....
Ci troviamo sul percorso ed arrivati nella discesa con i cipressi, dopo aver ripreso molti partecipanti, ci imbattiamo nella deviazione: la 6 va a sinistra sulla strada asfaltata, la 12 e la 18 a destra. Il cartello c'è, si può opinare che è posto dopo la deviazione e non prima, si può aggiungere che siccome la 6 va sulla strada a sinistra si poteva supporre che le altre andassero a destra sempre sulla stessa strada. A parziale discolpa degli organizzatori posso dire che ci siamo fatti attrarre dalle simpatiche podiste "Spensierate" di Santa Croce che ci stavano precedendo proprio sulla strada asfaltata. Salutiamo e via. Non ci sono frecce ne fettucce bianche e rosse di mantenimento, aspettiamo una deviazione, non la troviamo, ci dicono che siamo quasi a Sovigliana. Ci cominciano i dubbi. Ci fermiamo torniamo indietro e raccattiamo tutti quelli che come noi hanno sbagliato strada. Sono recalcitranti, ma, anche se mal volentieri, devono convenire che è meglio tornare indietro.
Torniamo e riconosciamo il nostro errore anche se la deviazione era prima del cartello e quindi prima della strada asfaltata. Riprendiamo di buona lena, resto con Claudio, gli altri due compagni deviano sulla 12. Il percorso ci piace, queste colline, le vigne, che vuoi che sia se c'è un po' di fango.... Entriamo in un bosco, alcuni cacciatori stanno facendo merenda, salutiamo, non ci sono segnali, arriviamo ad un bivio, mondo cane ma dove dobbiamo andare? Abbiamo sbagliato ancora! Torniamo indietro, mentre incontriamo un padre con la maglia celeste e il figlio altissimo con la maglia rossa, che ci avevano fatto compagnia precedentemente verso Sovigliana, troviamo una pietra, nel bosco, con una bella freccia bianca. Allora la direzione è giusta, ritorniamo al bivio, ci mettiamo a fare l'indiani, guardiamo dove ci sono le impronte, a sinistra, ma sono poche, e allora? Andiamo, andiamo, alcuni cacciatori ancora "In quanti vi abbiamo rotto le scatole stamani?" dico tanto per non chiedere "E' passato qualcun altro di qui?" una domanda alla quale potrebbero rimaner male e... sono armati. Ridacchiano. Ebbene siamo sulla strada giusta. Si sale, nessun segnale. Ma qui son tutti matti diciamo in coro. In cima alla salita una dimora patrizia, alta come la Pilotta di Parma, in mattoni, bella e sobria. E ora? Destra o sinistra. Vado a destra perché nella mia mente "so" che devo ritornare verso destra per trovare un percorso del ritorno intravisto. Ecco un uomo, finalmente, un passante forse, ma sempre un altro noi al quale chiedere o sulla cui spalla piangere. Scopriamo che lui è l'uomo del controllo e del ristoro. Il ristoro fatto di tavoli, acqua e altre delizie è già caricato sulla macchina, lui cava il timbro di tasca e ci timbra dicendo "Ma voi da dove venite?" Vorremmo rispondere "dalla Luna" ma siamo un po' incavolati ed allora cerchiamo di essere gentili e diciamo solo "siamo sulla 18 o almeno lo speriamo" "Certo, ma è già passata la scopa dieci minuti fa, ha tolto tutto, fettucce, cartelli, frecce, è passato Cerone..." "Cerone, mi dico, Cerone, il "percorsista" dei pisani, quel fenomeno del quale mi ha parlato il Bracciali..." Certo, ci avrà superati quando abbiamo sbagliato strada. E ora? "Andate verso l'alto, cercate le frecce bianche in terra... poi troverete una strada che vi riporterà a destra." State attenti, ci grida dietro.
Partiamo accelerando, dieci minuti dalla scopa, se si ferma a togliere le fettucce e i cartelli non è lontano. Ogni deviazione è un possibile tranello, è dura la salita, continuiamo, ogni tanto qualche freccia bianca su un dosso ci dà coraggio. Ma non è piacevole correre senza il sostegno e la ragione di un segnale che ti assicura. Arriviamo in cielo, un uomo sta chiudendo la macchina, ecco un altro ristoro, ancora un'osteria che ha chiuso, solite cose, Cerone? E' passato da poco, non a dritto, ma dove andate... dovete andare a destra, non ci sono frecce bianche, meno male, un minuto e chissà dove andavamo a finire, su quali strade, in quali paesi del Montalbano., Ci vengono i brividi anche perché cominciamo ad essere stanchi, ci buttiamo a destra, c'è da riprendere Cerone, un po' di discesa, ricomincia la salita! Mondo cane e Cerone non si vede, ma guai a chi molla e via, stringendo i denti e le gengive. Altri cacciatori, uno, stanco, si è seduto in macchina, beato lui. Salita dura, in una bella strada, i luoghi sarebbero deliziosi se solo si potessero guardare, comincia la discesa, allunghiamo le gambe, qualche freccia, meno male, ogni tanto ci incoraggia. Eccolo Cerone, deve essere quello laggiù con i nastri bianco rossi in mano, eccolo è con il Toschi Gianfranco, si è fermato finalmente, si volge, ci vede "E voi da dove venite? Dalla 12 o dalla 18?" Gli spieghiamo la cosa, i suoi occhi sono tristi, si vede che gli dispiace un mondo. Lo incoraggiamo per non mortificarlo. Ormai non ci fermiamo più, siamo due trattori, (facile fare i trattori in discesa!) ritroviamo le spensierate e alcuni che ci avevano fatto compagnia verso Sovigliana. Mi viene in mente del padre e figlio, quelli dietro di noi, ma se sono arrivati al bivio in cima la salita e l'uomo della macchina era già partito? Chissà dove sono andati a finire.
Arriviamo velocemente all'arrivo, gli altri due amici ci aspettano, c'è da tornare a casa. Raccontiamo la cosa agli organizzatori, senza polemica, ma solo perché riflettano su queste possibilità, come noi, da organizzatori, ci penseremo.
Ecco, stasera, scrivendo, penso alle vigne, ai colli, al Montalbano, a quello che potevo vedere e che non ho visto. Penso al Comitato Pisano che parlerà dei cartellini alla prossima riunione, penso al padre/figlio che spero siano arrivati, penso che avevo dato la colpa ai cacciatori che avessero, loro, tolto tutti i segni di un percorso.
Spero che tutti coloro che organizzano le corse, in un modo o nell'altro riflettano su quello capitato a noi. Sono coincidenze, d'accordo, ma c'è qualche modo di evitarle? E' giusto alle 9 e 30, poco prima di metà percorso, che non ci sia più il ristoro, il controllo, le frecce, i nastri bianchi e rossi? Forse bastava che l'uomo della prima macchina chiamasse Cerone al telefonino e gli dicesse di noi e dell'errore fatto, ci voleva che Cerone avesse un telefonino con se, ci voleva poco ma quel poco ci voleva. Mi è rimasto comunque la soddisfazione dell'indiano che ha scoperto le tracce dei visi pallidi (pochi), la speranza di ritornarci l'anno prossimo per vedere quello che ho solo guardato. Mi è rimasta anche tanta sete per non aver mai bevuto, se non all'arrivo.
Andrea Bartalesi