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SABATO E DOMENICA FESTA A MONTECARLO di Andrea

24/06/2016

a cura di Andrea Bartalesi

Domani e domenica grande festa a Montecarlo!!!!

Quest'anno è il complesecolo di Carlo IV (7 per la precisione)

Al borgo preparano iniziative degne dell'evento. Io intanto vi racconto una storia. Ma prima voglio fare gli auguri e voglio mandare un abbraccio a Renzo Fantozzi: forza comandante, sei una roccia!!!!

Domani sabato alle 18 inizierà il corteo con i notabili vestiti da notabili, che scenderanno dalla Fortezza e andranno a vedere come stanno i loro sudditi per le strette vie del paese.

Ed ora ecco la storia:

 

 

MONTE CARLO IV

 

Quando passai, dopo essere entrato dalla Porta delle Polveri, in Ovocny ulica, i lampionai avevano già acceso i lumi a gas, il Teatro degli Stati aveva assunto un'aria evanescente, quasi miracol divino regalato a noi mortali, e prima di entrare nella Città Vecchia, un uomo che parlava un'altra lingua (lo vedevo da come muoveva le labbra e da come vestiva) mi disse "Salutami il mio monte e la tua collina". Ero agli ultimi metri della Maratona di Praga. Lo rividi poi appoggiato alla facciata della chiesa di Santa Maria di Tyn.

 

Già credevo di averlo visto sul ponte di pietra. Quel Ponte Carlo così solido da sembrare l'appoggio sul quale il Creatore aveva  trovato per sollevare il Mondo. La Moldava scorreva sotto tranquilla e impaurita da quel ponte che dava allo stesso tempo certezze e incuteva timore. Come gli imperatori di una volta. Pensate che Carlo aveva fatto mescolare alla calcina molte uova e ogni paese doveva contribuire mandandone un carro. E io, il giorno dopo, salendo in una carrozza a due cavalli, nera con i sedili di cuoio nero, verso il maniero di Karlstein, mi sembrò di veder lo stesso personaggio bighellonare con fare da fattore in quei bugigattoli prima della porta del castello. "Salutami il mio monte e la tua collina".

 

Ho saputo di recente che trattavasi di Carlo IV. Come? Oh bella! Ho visto il dipinto con il suo ritratto. Era lui, quell'uomo. Non domandatemi come e perchè. Domandatelo semmai a tutti gli studiosi che preferiscono scoprire Marte e non loro stessi. Chiedete a loro come è possibile che un uomo, seppur imperatore, possa parlare a me dopo essere fisicamente morto quasi 700 anni prima. Non sappiamo ancora dove risiede il nostro sentimento, la nostra allegria e la nostra tristezza, il languore e l'amore, ma vogliamo sapere perchè il pianeta Marte è così rosso. Quell'uomo viveva o solo riviviveva in me e non so perchè. Io al massimo vi posso raccontare una storia.

L'imperatore Carlo IV di Lussemburgo, re di Boemia, figlio di quel Giovanni di Boemia detto il Cieco, (perchè era cieco veramente, non perchè non vedeva la poveertà dei suoi sudditi) fu chiamato dai Guinigi per riconquistare Lucca. Ma questo non ci importa in questa storia. Ci importa che il "nostro", aiutati i lucchesi, si portò sui colli, stanco dei vapori che venivano dal lago di Sesto e dagli intrighi dei Guinigi, passò il castello di Porcari, ma non entrò. Quelli della Porcharia mandarono un drappello di rappresentanza a Farabosco, e stavano attenti che i soldati non portassero via quelle quattro galline rimaste. Abitavano un luogo che richiamava le colline di Praga, meno noci ma con il sole italiano, con le quercie e con i dolci grappoli di fiori dell'acacia che Carlo aveva voluto odorare approfittando di essere a cavalcione sul suo cavallo. Pensò di entrare nel Giardino dell'Eden. Salì a San Martino in Colle con gli splendidi boschi. Andò oltre e salì verso Cerruglio, il castello era diroccato e vide gli avanzi di cibo, cosce di bue semispolpate piene di mosche e neri bofonchi, in ogni luogo le ceneri residue di falò, carrozzine di plastica (si fa per dire) e vecchi giocattoli abbandonati, mobili di formica (scusatemo la licenza) e madie che avrebbero fatta la gioia (un domani) degli antiquari. L'erba attaccata ai muri (parietaria) lo meravigliò, tutte le mura di vecchi mattoni sbrecciate, angoli bui con legni e pezzi di manici di lance e archi di rotte balestre. Ma guardò anche verso il nord e vide le Pizzorne e a sud il brillare del lago che, da lontano, era splendido.

Era stanco. A volte succede anche ai maratoneti. Stressati e demotivati. A Carlo il suo animo gli disse che quel luogo era il posto adatto per lui. Avrebbe corso su quei sentieri con il fido Bertuccio (perchè Carletto fin da piccolo amava correre). Sperava che un giorno gli parlassero di cosa era successo agli Ateniesi e voleva andare a Maratona per correre fino a Atene. Era malato di maratonite. Insomma vide a Cerruglio il posto dove ritemprare il suo animo e il suo corpo. Chiamò intorno a sè i suoi luogotenenti, i comandanti di ogni reparto del suo esercito e dette disposizioni perchè fosse pulito tutto, rialzati i vecchi muri riadattando i mattoni o facendone di nuovi nella fornace vicina e accedere anche a quella del Marginone se ce ne fosse stato bisogno, o cercare su Internet su Trova prezzi. Fece ricostruire il castello fra Cerruglio e Vivinaria. E siccome si accorse che su quella collina c'era sempre vento, piacevole d'estate ma fastidioso d'inverno, fece che i vicoli fossero stretti e le case vicine.

Venne un bel lavoro e il nostro imperatore cominciò a chiamarlo "il mio monte" quando parlava ai notabili e alla soldataglia. Da lì "Monte Carlo".

 

Un giorno invece di andare ad allenarsi verso il quercione e sui sentieri che sarebbero diventati della Porcari Corre, montò a cavallo e dette ordine di puntare a nord. Voleva tornare a casa. Aveva moglie e figli e di notte ne sentiva la mancanza E quando vengono certe nostalgie è bene decidere bruscamente. Si portò dietro il ricordo delle sue corse all'alba con il fido Bertuccio, l'odore del fiore di acacia e delle ginestre, la menta selvatica pestata, il trifoglio, i papaveri. Dei papaveri si era innamorato. Si fece disegnare da Pavel il tedesco, suo pittore al seguito, alcune pergamente e tavole con la macchia rossa del papavero e gli sembrò che gli avesse descritto con quel disegno l'amore che lui aveva per quei luoghi. E già a cavallo, il rappresentante del Comune gli porse un boccale di vino (il bicchiere della staffa). Lui bevve e disse una frase storica (normale visto il personaggio) "il mio vino (bravo ma aveva il vizio di dire che tutto era suo) è buono, farà la fortuna di questo borgo, ma te sindaco pensa alla banda larga perchè il futuro è nella rete). Nessuno capì di che rete parlasse. Se ne andò e lasciò questa frase come ricordo.

E così i montecarlesi, grati e riconoscenti, sebbene burberi e diffidenti, hanno deciso di festeggiare il suo compleanno. Il 25 e 26 giugno faranno la festa di compleanno. Ma lui era nato a Praga il 14 maggio del 1316. Allora lo festeggeremo noi, prima, con la Porcari Corre.

Settecento anni. Ma io che l'ho visto vent'anni fa posso dire che li portava bene.

Andrea Bartalesi