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SAN DONATO DI SANTA MARIA A MONTE di Andrea

24/07/2023

a cura di Andrea Bartalesi

SAN DONATO DI SANTA MARIA A MONTE
San Donato è un posto speciale. Ricorda quella gente semplice che, anziana, ancora si trova in qualche casolare dimenticato fra i campi. Quello che hanno, te lo mostrano con malcelata soddisfazione e sorridono. Ieri mattina, a San Donato (di Santa Maria a Monte) ci siamo ritrovati vicino alla Chiesa. Nei percorsi preparati (multipli di 5) andava il nostro pensiero. Io mi guardavo intorno per vedere se fosse più facile mandarci a Montecalvoli oalla Rotta, considerato che poi prima di questa c’era l’Arno (ma ci sarà pure un ponte da attraversare).
Claudio, con me, c’è già stato in questo posto e si ricorda che c’era un lago, l’Oasi del Lago.
Al via andando nel cicaleggio della partenza univoca viene il ricordo di Ponte a Moriano dove un amico ci ha lasciato. Ma come sempre succede vengono i nodi al pettine e sappiamo che nel Trofeo Lucchese non è più obbligatorio il medico a bordo per l’Autoambulanza!!!! Ma scherziamo? Andiamo a togliere le prime cose essenziali? Quando si parlava di crisi economica delle manifestazioni podistiche ovviamente non parlavamo del medico. Quello è fondamentale. Semmai in considerazione dell’età media dei partecipanti, dovremmo cercare di fare percorsi più agevoli, togliendo quegli strappi o salite accidentate che, stranamente, finiscono sempre in luoghi dove si può andare in deltaplano e non in macchina. Sono finiti i tempi in cui ogni marcia era una scommessa fra noi e gli organizzatori “voglio vedere se andrete anche qui correndo” e arrivati all’arrivo si leggeva nel volto di chi ti dava il premio il disappunto di non averti fatto salire anche in campanile.
Ma come sempre succede, ognuno prende il suo passo e le “redole” si vuotano. Proprio redole sembrano questi tracciati, fino a che non si entra nell’Oasi del Lago. La luce dell’acqua e il giro ci portano sul territorio. Usciamo e ancora un altro bivio mi lascia solo, perché anche le ultime tre donne che avevo davanti hanno preso per l’arrivo e non ho più i racconti familiari di ognuna di esse, come un refrain, come “un vecchio ritornello che nessuno canta più”.
Quando resti solo si apre il colloquio con te stesso, ed è la parte interessante delle marce podistiche. E presti attenzione a questi campi con distese di girasoli sorridenti e amanti del sole, fiancheggiati da distese di piante di granturco, giganti, quasi eserciti che cercano di alleviarti il caldo del sole, trovi argini da quali occhieggiano le acque sporche dell’Arno, la vegetazione che trabocca dal fiume, e contrasta con i percorsi ben rasati, (sembra che con la scusa della marcia i locali abbiano ripulito il tracciato). Incontri un campo malridotto di grano maturo ma arruffato dal vento e macchiato da erbe estranee oppure un altro dove i girasoli hanno le teste basse, scure, i petali, striminziti che sembrano fazzoletti stropicciati nelle mani di chi soffre, guardano in terra, solo i gambi resistono e tengono alte le vecchie corone.
Quando ti rendi conto che gli organizzatori ti faranno vedere i loro campi e i loro prodotti, non guardi più lontano, le colline oltre i campi coltivati, ma guardi i canneti che ti fanno ombra e i ristori “punto acqua” e non fai caso se manca un “punto generale” o se il cocomero è finito (lo sappiamo noi che camminiamo sui percorsi lunghi, che lo troviamo agli inizi, ma non dopo).
E così arrivando al termine sei grato alla signora che ti porge un piatto fumante di pastasciutta, (bona!!) e gli amici che non vedevi e ci diamo delle pacche sulle spalle. Ti senti bene, ti pare di aver fatto il tuo dovere, prodotto sudore e bevuto tanta acqua, rinnovare le amicizie, ritrovare l’amico con il quale finisti la Maratona di Venezia una vita fa. E gli inevitabili problemi della vita ti sembrano più abbordabili.
Andrea