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SAPORI NEL TEMPO

31/08/2024

a cura di Andrea Bartalesi

SAPORI NEL TEMPO

Guardavo un Pavesino. Automaticamente si è aperta la Terrazza di Vetteglia, Bagni di Lucca, la valle che scende verso la Via Nazionale, San Cassiano di Controne, davanti, pericolosamente aggrappato sotto Prato Fiorito e il Castellaccio.

Una signora al ristoro ci offriva pavesini e sopra colava del miele con il distributore adatto. Quando accettai mi sembrò di essere viziato, esagerato. Ma la signora era semplice e gentile, invitava a non rinunciare. Delicato il biscotto, forte il sapore del miele, castagno, o se preferivi, Acacia. Celeste il monte “di contro”, San Cassiano aspro, come tutti i paesi “di controne”. Correndo dalla Pieve a San Gemignano, una figura di donna, all’ingresso del paese, bella da abbracciare, sorta di Buratto della Giostra del Saracino, ci invitava a scendere in un sentiero che nasceva sotto una volta e che portava a Vetteglia. Dopo la “silhouette” del paese, salivamo degli scalini e questa piccola terrazza diventava il centro del mondo. Uno scrittore un giorno mi raccontava dei momenti magici nella vita e mi descriveva un bacio, su quella terrazza, che sapeva di neve.

Salivamo e a volte divagavamo per entrare poi, al contrario, nella via di San Gemignano di Controne, un forno vecchio e colorato di mattoni cotti e fuliggine, un uomo con la pala, pizza asciutta come i nostri corpi sudati, calda e croccante. All’arrivo poi le torte alla cioccolata, con i becchi, delle amiche di Renza.

Quanti ricordi con il Giro dei Colli Termali. Graziano, il Serafini, mi regalò la prima intervista. Lui guidando una “cinquecento”, finestrino aperto, io correndo sulla salita che porta a Sant’Anna di Montefegatesi e voleva sapere quante volte avessi già fatta quella corsa… e cosa ricordavo e cosa mi piaceva…

Il sapore di un cibo che si lega a un luogo. Folgaria, sopra Passo del Sommo, sentiero che va al Monte Maggio, sotto di noi a destra una strada, sembrava divederci dal Grappa, ma così lontana…svoltiamo e davanti a noi il profumo di pane fresco che riscalda la mortadella. Un passo oltre e ci appare il panino, due finanzieri in divisa, il sorriso. Scendiamo per l’orto botanico. Ci dicono che in questo tratto di sentiero possiamo trovare tutti i tipi delle piante di questa zona, passo Coe, Rifugio Centocamini... la Marcia dei Forti di Folgaria…

Il prosciutto al Parco Robinson, Castelfranco di Sotto, percorso della Maratonina del Carnevale a Santa Croce, mentre le donne sono impegnate nei travestimenti, un uomo, robusto, scorbutico, taglia con il coltellaccio il prosciutto adagiandolo su un vassoio, ma solo per un attimo prima di andare su fette di pane casalingo. Siamo a correre, gli organizzatori non ci fanno mancare i chilometri, ma come faresti a non fermarti un attimo…

La fetta unta, ben arrostita senza esser bruciata, con olio fresco di frantoio, a Molino d’Egola, cercando di non sporcare i calzini che ci avevano dato, o alla Ciona… ma in questa corsa devo farmi un rimbrotto. Al bivio della Palazzina, ristoro del cinghiale, prima di salire sul Serra, trippa del cinghiale, a metà salita, come fai a non mangiarla? Non l’ho mangiata MAI. Ed ora rimane fra le cose che la mia curiosità mi addebita.

Fettunta con aglio e pepe, senza farci mancare niente, dita unte, ma il crostone di pane e salsiccia passato sulla piastra bollente, Matina, come cognome di un amico paesano con la pancia ancora bollente e cotta, a Porcari.

Il minestrone e poi la pasta fritta degli Alpini a Ponte a Moriano.

Una mattina, al Giro delle Cinque Terre (che poi sono sei) davanti al Santuario di Nostra Signora di Montenero, a strapiombo su Riomaggiore, dicevo a un amico come quelle acciughe che stavamo mangiando erano di una bontà tale che dovevano essere state preparate da mani maschili, perché la donna può cucinare da Dio, ma l’eccellenza è sempre maschile. Una donna oltre il tavolo disse: “Se aspettava che fosse un uomo a prepararle, non le avrebbe mai mangiate” e non mi guardava, il suo sguardo era basso e forse aveva l’illusione di una vita spesa ad aspettare un marinaio o un marito.

E quando andammo a trovare gli amici a Montemarcello, e un signore (e quello era maschio, anche se sembrava strano vederlo) ci servì da una padella delle trofie al pesto, scaldate su un fornellino a gas, su una panchina del piccolo parco.

E la zuppa a Ponte a Cappiano? E quella di Cerretti? Il lardo degli Alpini a Granaiola? E le castagne girate “mondine” dentro una vecchia lavatrice sempre da loro, gli Alpini di Bagni di Lucca? E i fagioli all’uccelletto sopra crostini di pane abbrustoliti da dame del ‘600 a Montecarlo? E l’uovo adagiato su crostoni di pane servito sulla pubblica piazza dal Rotary?

Andrea Bartalesi