PORCARI CORRE UN SUCCESSO: 6130 partecipanti
PORCARI CORRE - QUANDO IL TEMPO VOLA
La ventinovesima edizione della Porcari Corre è già un ricordo. Mamma mia come vola il tempo!
Eravamo qui a parlare di programmi, di ristori, di sentieri: a tremare per il tempo incombente, l’acqua che non cessava, le previsioni che ti assillavano e toglievano il respiro e la speranza.
E come il volo radente di un falco, la Porcari Corre è passata, lasciando tanti ricordi, immagini, rimpianti.
I sentieri sono tornati a essere viuzze di campo o stradette di bosco, dove puoi incontrare la volpe o il cerbiatto, l’istrice, magari un solitario viandante in cerca dei silenzi o del verde macchiato dai piccoli fiori di campo, dal rosa antico delle “manine del Signore” o dal giallo del tarassaco, le strade sono riconquistate dalle auto, dal rumore, dall’operoso andare di tutti i giorni.
La Torretta continua a guardare il paese dall’alto, mostrando ancora il Cento della sua ricorrenza, la piazza con i suoi austeri viali torna a esibire il Municipio, la Fondazione Lazzareschi. I paracadutisti e i loro parapendii staranno cercando altri brividi di emozione e di vento lontani dalla nostra piazza.
Non più i clown che sulla collina distribuivano ai ragazzi i berretti bianchi della Porcari Corre, non più le ghiottonerie che ogni tanto, all’improvviso, ti prendevano la gola, non le brave donne che hanno cucinato 140 uova al tegamino, con un solo tegamino, su un solo fornellino (Porcari è grande per questo, sfarzoso nella dovizia dei particolari, parco e timoroso tanto da far attendere i podisti in coda per mangiare una primizia, una mattina di maggio, in località Fornace). Il borgo di Montecarlo ha riacquistato i suoi silenzi senza lo schioccare della catapulta, gli ottoni e la grancassa della Filarmonica, a Veneri il campanile non è più una matita appena temperata, ma le sue campane chiamano i fedeli, la Via Cassia ritorna a pensare ai bei tempi andati quando le Legioni Romane la calpestavano, il Quercione a dormire sotto le fresche fronde, riponendo la vanità di sentirsi così osservato. I trenta addetti al ristoro della Legge sono tornati alle loro case, ai fatti di ogni giorno, non più mani veloci che spalmano pasta di salsiccia su focacce enormi per poi essere ridotte a porzioni. E così tutti gli altri 210 addetti fra bandierine e ristoratori. Non più il rumore delle digitali che hanno portato, a chi non c’era, l’immagini dei luoghi e nemmeno il sole che domenica, come un miracolo, apparve e si allargò sulla nostra zona, rendendo splendidi il cielo, i campi e gli edifici, ravvivando i colori e le ombre, il contrasto.
La grande tettoia, dove aveva vissuto la parte intima della Porcari Corre, la cucina, le iscrizioni, l’ufficio, la grande lotteria, la premiazione dei 110 gruppi, è tornata a parlare di auto, furgoni e pulmini con gli addetti comunali, l’angolo dove potevi bere il buon vino delle nostre colline, è un vuoto pezzo di asfalto che attenderà per un anno di vivere un giorno folle come quello di domenica 26 maggio. I dieci pullman che avevano portato i gitanti a Porcari, dall’Emilia, da Piacenza da Bergamo, sono tornati al loro compito di ogni giorno.
Insomma i 6130 podisti che hanno fatto grande la Porcari Corre del 2013 sono tornati alle loro abitudini, ai loro pensieri, ai problemi di ogni giorno. A Porcari si prendono il merito di averli distratti da tutto questo per una mattinata, e con i tempi che corrono, non è poco: di averli fatti sorridere, alzare la testa, guardare il cielo azzurro, le nuvole bianche, i prati verdi, i casolari rossi. Insomma un mondo a colori.
Andrea Bartalesi
(prossimo numero di Camminare)